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07 dicembre 2013

Sabato in Poesia: "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" di Cesare Pavese

Il componimento, dedicato all'attrice Constance Dowling e scritto nel 1950, dà il titolo all'intera raccolta, pubblicata postuma nel 1951. Tema centrale è quello della morte - che probabilmente il poeta sentiva già gravare su di sé - come evento ineluttabile, che distrugge e cancella qualsiasi cosa senza lasciare nessuna speranza. La morte accompagna continuamente gli uomini, è presente in ogni momento della loro vita come possibilità sempre realizzabile e come realtà di fatto. Non sfugge al suo potere distruttivo neppure la bellezza sensuale e affascinante della donna - figura cara a Pavese e già presente in molte sue opere in prosa e in poesia oltre che nella vita reale - sintetizzata dagli elementi tipici della femminilità, evocati dalla tradizione poetica occidentale, gli occhi. Questi, di fronte alla morte, saranno parole vuote, incapaci di continuare ad esprimere tutti i significati vitali che invece evocavano prima. Occhi che, riflessi nello specchio, sono muti come lo saranno davanti alla morte. Lo specchio si profila allora come metafora dell'ambiguità tragica della vita, diventa il mezzo per evidenziare la caducità della vita, il suo essere esposta alla fine, come la scrittura, alternativa al vivere in quanto creazione di una immagine fittizia rispetto alla realtà.


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi -
questa morte che ti accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Cesare Pavese

Cesare Pavese (1908-1950) fu un poeta, narratore, saggista e traduttore italiano. Figlio di un cancelliere del Palazzo di Giustizia di Torino, ebbe un'infanzia piuttosto triste a causa della morte prematura di tre fratelli e del padre. Già dall'adolescenza cominciò ad appassionarsi alla letteratura, buttando giù i primi versi. Iscrittosi alla facoltà di Lettere, si innamorò della letteratura americana e in particolare di Walt Whitman, autore che divenne l'argomento della sua tesi di laurea. Al 1930 risale la sua attività di traduttore sistematico e di saggista, che egli portò avanti, per poter vivere, insieme a quella di insegnante supplente nelle scuole dei dintorni e di insegnante privato. Nel 1934 collaborò con la casa editrice Einaudi, da poco fondata, dirigendo per un anno la rivista "Cultura". L'anno successivo fu accusato dal regime di propaganda antifascista e arrestato. Dopo il processo, la detenzione in carcere fu commutata in confino presso Brancaleone Calabro. Terminato l'anno di confino, ritornò a Torino, dove riprese l'attività di traduttore, collaborando prima con la Mondadori e poi stabilmente con la Einaudi. In questo periodo iniziò anche la sua attività di narratore in prosa, dando alla luce lavori come Paesi tuoi e Il carcere. Nel 1940 iniziò una relazione sentimentale con la giovane Fernanda Pivano (futura giornalista e traduttrice), sua ex allieva, che rifiutò però due volte di sposarlo. Assunto regolarmente dalla Einaudi, nel '43 venne trasferito a Roma, dove gli giunse la comunicazione di chiamata alle armi; in seguito però all'accertamento di un'asma di tipo nervoso ne venne dispensato e fece ritorno a Torino. Dopo la guerra si iscrisse al Partito comunista, forse perché sentiva il bisogno di incanalare in un'attività concreta e sociale il dolore per la morte di tanti amici durante la guerra, iniziando anche la collaborazione con L'Unità, dove conobbe Italo Calvino. Alla fine del'45 fu mandato a Roma, per potenziare la sede dell'Einaudi nella capitale, ma questo soggiorno ridestò in lui la malinconia. Qui si innamorò della segretaria Bianca Garufi. Dal '47 riprese febbrilmente l'attività editoriale ma soprattutto letteraria. Inaugurò due collane editoriali, la "Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici" e la "Coralli" e scrisse i suoi più bei romanzi. Nell'ultimo viaggio a Roma conobbe l'ennesimo amore sfortunato, l'attrice Constance Dowing, che lasciò triste e illuso. Nell'estate del '50 ricevette il Premio Strega per La bella estate. Il 27 agosto dello stesso anno, ancora scosso per la recente delusione amorosa e deluso dal mondo morì in una camera dell'albergo Roma a Torino. Ebbe funerali civili ma non religiosi, perché ateo e suicida.
Tra le opere di Pavese ricordiamo: Paesi tuoi (romanzo, 1941), La spiaggia (romanzo 1941), Lavorare stanca (poesie 1940), Feria d'agosto (racconti 1946), Dialoghi con Leucò (racconti - conversazioni 1947), Il compagno (romanzo 1947), La casa in collina (racconto 1949), Il diavolo sulle colline (racconto 1949), La bella estate (racconto 1949), Tra donne sole (racconto 1949), Il carcere (racconti 1949) La luna e i falò (romanzo 1950),  Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (poesie 1951), La letteratura americana e altri saggi (saggi 1951), Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950 (diario 1951), Notte di festa (racconti 1953), Lettere 1924-1944 ( lettere 1956), Fuoco grande (romanzo incompiuto 1959), Poesie del disamore ed altre poesie disperse (poesie 1961), Poesie edite e inedite (poesie 1962), Otto poesie inedite e quattro lettere a un'amica (1928-1929) (poesie e lettere 1964), Lettere 1945-1950 (lettere 1966), Ciau Masino (racconto fuori commercio 1968), Interpretazione della poesia di Walt Whitman: tesi di laurea, 1930 (2006). 
Intensa fu anche l'opera di Pavese traduttore, che ci regalò in italiano i capolavori di Sinclair Lewis, Herman Melville, John Steinbeck, Daniel Defoe, Charles Dickens, Gertrude Stein, John Dos Passos.

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