29 marzo 2013

Quando il gatto non c'è, i topi ballano...

di Roberto Marino


Voglio raccontare una storia. Niente di avventuroso, avvincente, sia chiaro. E' la vecchia storia del gatto e dei topi, opportunamente modernizzata e riadattata un po' a quanto sta avvenendo.

C'era una volta un gatto di nome Responsabilità, che viveva in una bella casa chiamata Parlamento. Ma non era solo, bensì aveva come coinquilini tanti piccoli topolini, chiamati Parlamentari. Era temuto e rispettato dai topini per via della sua grande forza e così in casa c'era un senso di equilibrio ed ordine. 

Si da il caso che un giorno, misteriosamente, il gatto partì (temporaneamente?) dalla casa senza avvisare i suoi coinquilini. Questi non ebbero bisogno di annunci, perché immediatamente si accorsero dell'assenza del gatto. In casa infatti si respirava un senso di libertà nuovo, mai visto prima e i topini non tardarono ad approfittarne per organizzare feste e darsi alla pazza gioia. Un topo con la cravatta rossa, che vantava diritti di governo sugli altri, si attribuì la facoltà di stabilire una specie di piano di organizzazione delle attività, sostituendosi a Responsabilità. Si recò dal vecchio topo saggio - che viveva in un luogo contiguo alla casa - il quale gli consigliò di verificare il numero di sostenitori del suo piano. Gli altri topi però non avevano nessuna intenzione di ascoltare il topo dalla cravatta rossa, negandogli qualsiasi autorevolezza e leadership. C'era chi voleva ballare e cantare, chi voleva mangiare a volontà, etc., mentre c'erano da gestire le altre attività della casa: sbrigare le faccende, distribuire compensi e alimenti agli altri abitanti di tutta la proprietà, produttori di quelle stesse cose di cui i topi volevano cibarsi, far ripartire le altre attività di produzione della proprietà.

Mentre i topi più autorevoli discutevano - quello con la cravatta rossa si scontrava con il topo con la cravatta azzurra - gli altri si scatenavano. Gozzovigliavano, litigavano su chi dovesse avere di più e perché, lasciando intorno residui di formaggio, salame, frutta, verdura e latte e tutto ciò che c'era in frigo. In questa situazione, la casa andava a rotoli e il vecchio topo saggio, non avendo il potere per intervenire direttamente, decise, dopo tanti indugi, in attesa che tornasse il gatto...

Ecco, a questo punto del sogno mi sono svegliato. Non capendo bene se fosse il frutto della mia immaginazione onirica, che ancora lasciava qualche traccia ben visibile nella mia coscienza, oppure se c'era qualcosa di vero e riscontrabile da qualche parte nella realtà, ho acceso la tv e improvvisamente ho capito. Non era solo un sogno.

2 commenti :

  1. Più che un sogno, ahimè, il tuo lo definirei un incubo, un brutto incubo. Il punto è che se rimanesse tale non ti dovresti preoccupare. E anzi, una volta in grado di renderti ben conto che ciò che pensavi di vivere era solo frutto di immaginazione, allora potresti tirare un sospiro di sollievo e magari riderci su. Ma l'incubo non è un incubo e basta: è realtà!
    Speriamo che la notte porti consiglio al topo più saggio e che domani ci dia modo di uscire da questa situazione insostenibile, ponendo quantomeno le basi per un periodo di transizione governativa più pacifico e, appunto, responsabile, per affrontare i problemi più gravi afferenti alle sfere economiche, politiche e sociali.

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  2. Mi verrebbe da aggiungere: «Per aspera ad astra»; ma soltanto come semplice augurio quasi di rito, perché purtroppo ho la lucida consapevolezza che questo detto, applicato alla situazione in cui ci troviamo, appaia svuotato della forte impronta realistica ed ottimistica che invece ci si aspetta quando lo si pronuncia.
    Leggo sul Corriere di oggi che i costituzionalisti definiscono la condizione in cui ci troviamo come «meccanismi inceppati del processo democratico» e vedono nel Capo dello Stato l'unico in grado di sbloccare la lo stallo. Bene, io dico che ci troviamo in una situazione ancora più grave di crisi del sistema dei partiti e della loro credibilità, che sicuramente passa anche per la disastrosa legge elettorale, la cui mancata modifica (promessa come cosa fatta dall'ABC della politica italiana e poi prontamente bluffata) è la manifestazione ulteriore della miopia dei partiti.
    In poco più di un anno siamo nuovamente costretti a ricorre all'aiuto dell'arbitro per risolvere la crisi della partita e tutto ciò non è più tollerabile. In particolar modo, l'irresponsabilità odierna dei partiti sta persino portando il Capo dello Stato a valutare l'invalutabile: la rinuncia anticipata al mandato, che significherebbe ammettere la sconfitta per sé e per la politica.
    Dopo tutto ciò, a mio parere serviranno due cose: A) una modifica radicale della logica politica della classe dirigente; B) una assemblea costituente che prenda seriamente in considerazione l'idea di modifica dell'assetto istituzionale del nostro Paese (eventualità di una presidenza più forte, eliminazione o modifica della Camera Alta).
    In ogni caso, concludo dicendo: AD MAIORA SEMPER!

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