Sabato in Poesia: "Vendemmia" di Marino Moretti

Vendemmia di Marino Moretti è una poesia tratta dalla raccolta Sentimento: pensieri, poesie...

Roma capitale d'Italia

Chissà quanti studenti ed ex studenti liceali si sono trovati a tradurre la famosissima frase del De Oratore...

L'origine della crisi finanziaria statunitense

La crisi che ha interessato i mercati finanziari dei paesi maggiormente sviluppati, e che gli esperti...

Così cinque anni fa cominciava la crisi...

"Era una notte buia e tempestosa...", questo è l'incipit dell'interminabile romanzo che Snoopy...

Sabato in Poesia: Estratto di "Beppo, racconto veneziano" (George Gordon Lord Byron)

Beppo è un poemetto satirico in ottave ariostesche (secondo lo schema metrico ABABABCC), attraverso il quale Byron affronta...

27 maggio 2014

Santa madre Chiesa

di Roberto Marino

Forse quella santa donna di mia nonna (pace all'anima sua!) aveva proprio ragione quando, in dialetto calabrese, diceva di «stare attento alle vesti lunghe». Ora, per chi non conoscesse l'idioma o l'espressione, le lunghe vesti sarebbero i membri della gerarchia ecclesiastica, in particolare quelli di rango elevato (vescovi e cardinali), che godono di particolare prestigio e potere. Proprio contro di loro infatti sarebbe rivolta l'allusione polemica tratta dalla saggezza popolare.

A ben vedere, il giallo che sta investendo l'ex segretario di Stato vaticano, il cardinal Tarcisio Bertone, sembra confermare non solo i sospetti e le diffidenze della saggezza popolare tradizionale, ma anche il detto, dal sapore altrettanto caustico, che caratterizzava il pensiero di un grande rappresentante - nel bene e nel male - della storia recente, Giulio Andreotti. Tutti ricordano il detto che il divo, Belzebù, chiamatelo come vi pare, soleva dire: «A pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca». E se a trovarsi sulla stessa lunghezza d'onda sono stati due cattolici ferventi come mia nonna e Andreotti, la Chiesa non mi scomunicherà di certo dopo queste riflessioni.

In effetti, l'affaire Bertone, che sta travolgendo il porporato già da qualche settimana (si ricorderà la polemica sullo scandalo che riguardava l'abitazione mastodontica di 700 mq, poi ridimensionata dal diretto interessato che ha parlato di un più modesto 200 mq) e che qualche giorno fa sembra essersi allargato a presunte operazioni finanziarie poco chiare, qualche motivo per sospettare lo fornisce. Ma veniamo dunque ai fatti. 

Secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Bild, il cardinale si sarebbe servito, durante il periodo di segretariato e presumibilmente nel dicembre di due anni fa, della bellezza di 15 milioni di euro dello Ior per finanziare un affare di Ettore Bernabei. Costui è il presidente di una società di comunicazione, la Lux Vide, che si occupa anche della produzione di fiction per la Rai e dalla quale viene finanziata ogni anno con 30 milioni di euro. E qui si parla dunque di implicazione di denaro pubblico, tanto è vero che, secondo le fonti tedesche, il cardinale sarebbe accusato di malversazione e su di lui starebbero indagando congiuntamente l'Aif - Autorità di informazione vaticana - e la Procura di Roma. 

La Lux è una società la cui proprietà appartiene a vari soci: la Rml comunicazione della famiglia Bernabei, la Prima Tv di un imprenditore tunisino, Intesa San Paolo, la Impresat, riconducibile alla Cei e la Ricerche e Consulenza Az. Due anni fa la Rml decide di aumentare la propria partecipazione e per farlo chiede un finanziamento alla banca vaticana. A questo punto si innesca un intrecciato giro di affari, che coinvolge diverse società estere tra cui la Movie Invest Ltd - che fa capo alla famiglia Bernabei ed emette obbligazioni per un valore di 15 milioni di euro - e la Futura - società maltese che le acquista per cederle allo Ior. I soldi però, secondo le indagini, non rientrano nelle casse della banca ed è qui che scoppia lo scandalo.

Le indagini logicamente proseguiranno e faranno il proprio corso, sperando si arrivi in un tempo utile al ristabilimento della verità. A fronte di notizie come questa però, si percepisce una forte stonatura tra il tentativo di ridare alla Chiesa un volto (e si spera anche un corpo ed un'anima) pulito, operato da papa Bergoglio, e gli intrecci politico-finanziari sotterranei, che attraversano l'istituzione nata per pascolare le anime e finita spesso troppo vicino alla materia.

24 maggio 2014

Sabato in Poesia: "Le elezioni" di Sandro Luporini e Giorgio Gaber

Il testo di questa canzone, firmata dal duo Luporini-Gaber, è tratto dallo spettacolo teatrale Libertà obbligatoria. Già a partire dal titolo, si capisce immediatamente che l'argomento trattato è decisamente politico; in particolare gli autori indirizzano la loro caustica riflessione sull'atmosfera un po' ovattata e ipocritamente entusiastica che caratterizza il momento delle elezioni. L'ironia pungente dei due autori rappresenta scenicamente, seguendo passo passo i momenti che accompagnano il percorso del cittadino medio che si reca alle urne, il senso di soddisfazione, entusiasmo e partecipazione illusoria dell'elettore. Sentimenti questi, che non tarderanno a sfumare e a convertirsi nel più naturale comportamento di tutela del piccolo e meschino interesse privato, tradendo così la loro natura fatua. Già con questo lavoro, il duo Luporini-Gaber comincia a manifestare la propria lucida consapevolezza - o meglio ancora solo intuizione - del fallimento di quel fenomeno e grande movimento di cambiamento della società, presentatosi come possibile ed ora scaduto in semplice sogno utopistico disilluso. 


Generalmente mi ricordo 
una domenica di sole 
una giornata molto bella 
un'aria già primaverile 
in cui ti senti più pulito.


Anche la strada è più pulita 
senza schiamazzi e senza suoni 
chissà perché non piove mai 
quando ci sono le elezioni.


Una curiosa sensazione 
che rassomiglia un po' a un esame 
di cui non senti la paura 
ma una dolcissima emozione.


E poi la gente per la strada 
li vedi tutti più educati 
sembrano anche un po' più buoni.
Ed è più bella anche la scuola 
quando ci sono le elezioni.


Persino nei carabinieri 
c'è un'aria più rassicurante 
ma mi ci vuole un certo sforzo 
per presentarmi con coraggio.


C'è un gran silenzio nel mio seggio 
un senso d'ordine e di pulizia. 
Democrazia!


Mi danno in mano un paio di schede 
e una bellissima matita 
lunga, sottile, marroncina, 
perfettamente temperata.


E vado verso la cabina 
volutamente disinvolto 
per non tradire le emozioni.


E faccio un segno 
sul mio segno 
come son giuste le elezioni.


È proprio vero che fa bene 
un po' di partecipazione. 
Con cura piego le due schede


e guardo ancora la matita
così perfetta è temperata... 
io quasi quasi me la porto via. 
Democrazia! 

Sandro Luporini, Giorgio Gaber

Sandro Luporini (1930 - vivente) è un paroliere, pittore ed ex giocatore professionista di pallacanestro italiano. Studente di ingegneria all'Università di Pisa, nel '56 abbandona gli studi per dedicarsi alla pittura, trasferendosi a Roma. Sempre nello stesso anno, partecipa a diverse mostre a Milano insieme ai pittori della Galleria Bergamini, avvicinandosi alla corrente del realismo esistenziale. E' proprio a Milano che si verifica l'incontro casuale (in un bar da entrambi frequentato) con il cantautore e personaggio televisivo Giorgio Gaber, incontro che si trasformerà ben presto in una solidale amicizia e collaborazione artistica intensa. Luporini intanto continua la sua attività artistica ottenendo numerosi successi, riconoscimenti e premi. Nel 1979 la prima mostra del movimento artistico da lui abbracciato, la Metacosa; nel 2005 la dedica di una mostra personale, allestita dal Comune di Pisa in collaborazione con l'Adac di Modena.



Giorgio Gaber (1939-2003), nome d'arte di Giorgio Gaberscik, è stato un cantautore, commediografo, regista teatrale, attore teatrale e cinematografico italiano. Nato a Milano da genitori veneti appartenenti alla medio-piccola borghesia, inizia ben presto a imbracciare la chitarra a causa di una lieve paralisi alla mano, per risolvere la quale il medico gli impone una costante attività motoria. Ben presto la sua passione per la musica sfocia in qualcosa di più e si lega a Tenco, Jannacci e Celentano. Notato da Nanni Ricordi, a soli 19 anni incide il suo primo disco. Nel '65 sposa Ombretta Colli, allora studentessa di lingue orientali all'Università Statale di Milano, che nel gennaio dell'anno successivo gli regalerà la loro unica figlia Dalia. Contemporaneamente si va delineando meglio la figura artistica poliedrica di Gaber, che inizia la sua carriera di uomo di spettacolo a tutto tondo, partecipando a varie trasmissioni televisive come ospite e conduttore. Gli anni '70 sono anni di intensa produzione e interpretazione delle sue canzoni e dei suoi spettacoli, (Gaber è l'inventore del genere teatro-canzone) principalmente a sfondo politico-sociale, animati dalla spinta al rinnovamento e al cambiamento della società, introdotti dalla contestazione giovanile del '68. Gli anni '80 saranno invece caratterizzati da una forma acuta ma lucida di delusione esistenziale nei confronti del cambiamento fallito, sfociato secondo Gaber in semplice omologazione mascherata. Verso la fine degli anni Novanta, le condizioni di salute del cantautore peggiorano; è l'estate del 1997 quando il Signor G è costretto ad un lungo ricovero, terminato il quale si dà da fare per scrivere un altro spettacolo che debutta nel gennaio dell'anno successivo. A causa dell'aggravarsi della malattia tumorale che lo ha colpito, si spegne nel pomeriggio del giorno di Capodanno del 2003. Le sue spoglie riposano nel Cimitero Monumentale di Milano.
Tra gli album pubblicati di Gaber troviamo: Giorgio Gaber (1961), Le canzoni di Giorgio Gaber (1961-1964), Mina e Gaber. Un'ora con loro (1965), L'asse di equilibrio (1965), Sexus et politica (1970), Il Signor G (1970),  I Borghesi (1971), Dialogo tra un impegnato e un non so (1972/'73), Far finta di essere sani (1973/'74), Anche per oggi non si vota (1974/'75), Libertà obbligatoria (1976/'77), Polli d'allevamento (1978/'79), Anni affollati (1981/'82), Io se fossi Gaber (1984/'85), Il teatro canzone (1991/'92), E pensare che c'era il pensiero (1995/'96), Un'idiozia conquistata a fatica (1997/'98 1998/'99 1999//2000).  

23 maggio 2014

Quali europee?

di Roberto Marino 

Immaginate una piazza, piuttosto grande e piena di persone. Ci troverete dentro diversi tipi umani, ognuno con le proprie caratteristiche e diversi atteggiamenti. Ci sarà chi urla e sbraita per avere ragione e per raggiungere il proprio obiettivo non tralascia nessun metodo, neanche quello dell'insulto e della denigrazione.

Poi ci troverete magari quello che vuole convincere a tutti i costi della bontà delle proprie convinzioni e dei propri metodi, ma che per farlo usa i termini della dialettica. E allora eccolo impegnato a lusingare, a vendere sogni, a tranquillizzare e rassicurare, insediando nella mente di chi ascolta, in modo blando, pacato, suadente tutto ciò di cui è convinto.

Immaginate ora un calderone con dentro un minestrone composto da tanti ingredienti. Ci sarà quello dal gusto forte e deciso, quello che non sa di nulla, quello che prova a fare da collante tra gli altri per tenere unita la brodaglia.

Ecco, queste sono le metafore con cui ho provato a rappresentare il modo come è stata svolta la campagna elettorale per queste elezioni europee. Campagna elettorale strutturata su un copione già visto, un canovaccio già letto e riletto migliaia di volte, in cui non ci si risparmia colpi bassi, insulti, chiacchiericcio vuoto e vociante, ronzio da zanzare e mosche fastidiose che si sentono nei caldi e fiacchi pomeriggi estivi. E come al solito da questa bagarre sono rimasti fuori i veri temi, i problemi, in questo caso, di una Europa a diverse velocità e il modo come provare a dare delle soluzioni: la questione dell'unione politica (se e come farla: federativa o confederativa e con quali poteri); la questione dell'unione bancaria; la questione delle riforme da architettare per far ripartire la crescita e con quali proporzioni per componenti di rigidità e solidarietà; il problema dell'immigrazione e le proposte italiane al parlamento di Bruxelles per ripartire il peso delle questioni su tutti gli stati membri e sull'Unione.

Se non si capisce che i cittadini hanno bisogno di risposte concrete, reali e realizzabili e se non si spiega loro che questioni apparentemente lontane dall'orticello che sta dietro casa propria hanno ripercussioni sulla loro stessa vita e su quella dei propri figli, allora non ci si può poi sorprendere della disaffezione nei confronti della politica. In questa tornata elettorale europea, infatti, l'astensionismo è dato ipoteticamente come primo partito da diversi sondaggi incrociati; e non solo in Italia. E' vero che spesso i sondaggi lasciano il tempo che trovano, ma è pur vero che il senso di insoddisfazione e di disagio è molto elevato presso i cittadini e questo dato non può essere affatto sottovalutato.

Tornando alle metafore iniziali, però una cosa va detta: mentre una piazza non è una entità organica e per questo non ha una finalità eteroreferenziale e il minestrone lo si può mangiare e magari è anche buono, questa campagna elettorale è l'ennesima dimostrazione dell'autoreferenzialità della politica. Concludendo, si può dire che se è vero che queste elezioni saranno sonsultazioni europee, la campagna elettorale è stata interamente italiana.

16 maggio 2014

La democrazia ha fallito

di Roberto Marino

La democrazia è la migliore forma di governo di cui disponiamo e che la Storia ci ha consegnato. Sembra un refrain vuoto e privo di sostanza, in particolare in un periodo storico in cui gli scandali politici ed economici sono all'ordine del giorno; eppure è così. Almeno in teoria. 

Potere appartenente ai cittadini, che lo esprimono attraverso le consultazioni elettorali; criterio di rappresentanza che implica la delega nella mani di persone che ne fanno le veci; divisione dei poteri; alternanza dei governi di diverso schieramento (il che implica o dovrebbe implicare una diversità di programmi e soluzioni ai problemi) secondo l'idea della discontinuità. Questi sono i principi su cui si basa la democrazia ed è per la loro affermazione che nei secoli scorsi centinaia e centinaia di giovani e uomini hanno rischiato la vita; e spesso l'hanno anche persa.

La democrazia l'hanno inventata senza dubbio gli inglesi quattro secoli fa, in seguito alla lotta contro la corona di Giacomo II Stuart e prima di lui del fratello Carlo II, sfociata poi nella gloriosa rivoluzione guidata dal parlamento dei whigs e dei tories. Il popolo di sua maestà ha poi trasmesso questo ideale ai cugini americani, che hanno voluto rinfrescare loro la memoria, visto che appena un secolo dopo si rifiutavano di concedere loro libertà ed indipendenza; in barba a tutti i principi democratici. Poi è arrivata la rivoluzione francese ed anche la Francia ha fatto proprio il vessillo democratico.

Noi italiani siamo arrivati molto tardi alla democrazia e i risultati si vedono. Ci siamo avvicinati ad essa con l'unità nel 1861, ma all'epoca il criterio di rappresentanza era molto esiguo visto che il suffragio era basato sul censo e per questo appannaggio di pochi. Poi abbiamo avuto la parentesi ventennale della dittatura fascista e solo dal 1945 in poi abbiamo sviluppato una forma di democrazia soddisfacente.

Bene, dopo l'esperienza avuta, possiamo dire che la democrazia è un sistema che funziona se ha la capacità di rinnovarsi al suo interno; rinnovamento che in Italia è ancora un lontano miraggio. Gli scandali degli ultimi giorni non solo lo dimostrano, ce lo schiaffano direttamente in faccia, al punto che l'ansia di fare di questa classe politica governativa (nuova?) appare appunto solo ansia. Il resto è retorica, comunicazione, marketing.

La classe dirigente degli ultimi trenta anni ha dimostrato di non riuscire ad impostare un vero rinnovamento che parta dall'alto, non ci resta quindi che giocare l'altra carta disponibile: quella del rinnovamento imposto dal basso. Le elezioni europee possono essere la prima occasione utile ed importante da cui partire per raggiungere questo obiettivo, dando alla nostra classe dirigente un segnale forte, ciascuno nel modo che ritiene più opportuno: voto di protesta, astensionismo, annullamento della scheda elettorale.

E' ora infatti che i cittadini si sveglino dal sonno politico, che genera anch'esso solo situazioni mostruose, e chiedano risposte efficaci ai propri governanti. Se essi non sono in grado di darne sotto il profilo politico, economico, morale, possono tranquillamente andare a casa. Anche questo, lo abbiamo detto, è democrazia.

10 maggio 2014

L'occasione mancata

di Roberto Marino 

Se avevamo bisogno di conferme circa la situazione italiana, eccole qua arrivate puntuali come un orologio svizzero. E poi dicono che solo loro sono affidabili. Pochi giorni fa l'Unione Europea e gli istituti di ricerca più accreditati - Censis e Istat - si sono dati battaglia di cifre al ribasso, per ricordarci che l'Italia è ancora immersa in una crisi drammatica. E ci resterà ancora per qualche tempo, nonostante si parli del 2015 come anno della svolta. 

Eppure la crisi non è solo economica ed anche questo sapevamo già prima che i fatti di cronaca giudiziaria di ieri lo dimostrassero. Come dire: la prova del nove. I veri dramma italiani si chiamano: corruzione, malaffare, intreccio malavitoso e vischioso tra politica e affari, contiguità illegale che sempre più spesso diventa continuità sempre dello stesso tipo.

Tutto questo oggi ha preso le sembianze di Expo 2015, che ha rivelato come Tangentopoli non sia mai terminata. Sostenere con buona pace di qualcuno che così non è, perché i partiti non sono coinvolti come venti anni fa, significa chiudere gli occhi sui casi Unipol, Monte dei Paschi di Siena, Expo. Ma le elezioni europee sono alle porte e questo basta a salvare il salvabile.

Che l'affare Esposizione Mondiale poi puzzasse di illegalità ce ne eravamo già accorti qualche mese fa, quando abbiamo appreso della notizia dell'arresto di Antonio Rognoni, allora direttore generale di Infrastrutture Lombarde - società controllata dalla Regione Lombardia che si occupa della valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale - coinvolta in una serie di appalti in occasione dell'evento internazionale. Ieri invece il cattivo odore dell'illegalità lo abbiamo percepito in tutto il suo fetore con l'arresto di Primo Greganti (già vecchia conoscenza della procura milanese durante l'inchiesta Mani Pulite), Gianstefano Frigerio (ex segretario della Dc lombarda e parlamentare berlusconiano, Angelo Paris, direttore dell'ufficio contratti dell'Expo), Sergio Catozzo (ex sindacalista Cisl, poi parlamentare Udc e infine Forza Italia - l'imprenditore Enrico Maltauro e l'ex senatore Pdl Luigi Grillo. Certamente, dal punto di vista penale, le singole responsabilità saranno accertate dalla magistratura, tuttavia le vicende rappresentano, nella loro globalità, la cartina di tornasole della società italiana.

Expo 2015 poteva essere una occasione reale di rilancio per la società italiana. Dal punto di vista morale, culturale, economico, politico. Poteva essere una vetrina agli occhi dell'Europa e del mondo per mostrare che l'Italia non è solo pizza, mandolino e mafia, ma anche capacità di provare ad uscire da una situazione oggettivamente complicata e di farlo a testa alta. Poteva essere un'ottima occasione appunto e l'abbiamo sprecata. Ma questo forse lo sapevamo fin dal principio.

03 maggio 2014

Sabato in Poesia: "Disoccupato" di Umberto Saba

Disoccupato è un un breve componimento di Umberto Saba, tratto dall'opera più nota e voluminosa, Il Canzoniere. La sensibilità del poeta per il mondo quotidiano si concentra su una figura emarginata e dimenticata come quella del disoccupato. Questi - a cui il poeta si paragona in parte - viene colto nel momento del girovagare senza meta con il viso stanco già di buon mattino e gli occhi disperati. Il richiamo alla semplicità della vita quotidiana - tema caro al poeta fin dagli esordi - è decisamente molto evidente e trasforma la sua lirica in una sorta di narrazione, di racconto. Nella seconda strofa, il poeta si abbandona all'immaginazione per ricostruire il passato del viandante, accostandolo al periodo di una guerra passata - probabilmente la Grande Guerra - definita guerra patriottica. Infine, l'attenzione del poeta si posa sulla lunga fila di persone all'entrata delle botteghe, a cui lo stesso disoccupato si avvicina; immagine questa che descrive ancor meglio il senso di solitudine, anonimato e atomismo esistenziale.


Dove sen va cosí di buon mattino 
quell’uomo al quale m’assomiglio un poco?
Ha gli occhi volti all’interno, la faccia 
sí dura e stanca. 


Forse cantò coi soldati di un’altra 
guerra, che fu la guerra nostra. Zitto 
egli sen va, poggiato al suo bastone 
e al suo destino,


tra gente che si pigia 
in lunghe file alle botteghe vuote. 
E suona la cornetta all’aria grigia 
dello spazzino.

Umberto Saba


Umberto Saba (1883-1957), pseudonimo di Umberto Poli, è stato un poeta, scrittore e aforista italiano. Figlio di ebrei triestini, fu perseguitato per motivi razziali al punto da fuggire prima in Francia per poi andare a Roma e Firenze, sotto la protezione di Ungaretti e Montale. Visse un'infanzia travagliata a causa dell'assenza dei genitori e dopo i primi infruttuosi e svogliati studi scolastici ed un'esperienza da marinaio, si iscrisse all'università. Nel 1908, dopo una serie di esperienze da girovago, sposò con rito ebraico Carolina Wörfeller. Nel 1913 si trasferì a Bologna per tentare di superare un periodo di crisi dovuto al tradimento della moglie e qui collaborò con il quotidiano Il Resto del carlino, mentre l'anno dopo si recò a Milano per gestire il caffè del teatro Eden. Fervente interventista, collaborò con il giornale Il Popolo d'Italia, fondato da Mussolini e allo scoppio della guerra partì per il fronte. Terminata la guerra, ritornò a Trieste e rilevò la libreria antiquaria Mayländer entrando in contatto con la rivista Primo Tempo e con i letterati della rivista Solaria. Nel '38, a causa dell'emanazione delle leggi razziali, è costretto a fuggire a Parigi per poi fare ritorno a Roma l'anno dopo. Dopo l'8 settembre '43 fu costretto a fuggire con la famiglia a Firenze e soltanto nel dopoguerra cominciò ad essere riconosciuta la sua valenza letteraria e poetica. Nel '46 vinse, ex aequo con Silvio Micheli, il Premio Viareggio; nel 1951 ottenne il Premio dell'Accademia dei Lincei e il Premio Taormina; nel 1953 l'Università di Roma gli conferì la laurea Honoris causa. Nel '55 si rinchiuse in una clinica a Gorizia, dalla quale uscì soltanto in occasione del funerale della moglie, gravemente ammalata. Ormai stanco, malato anch'egli e sconvolto, morì il 27 agosto dell'anno successivo, impegnato nella stesura dell'opera Ernesto, rimasta incompiuta.
Le opere di Saba comprendono: Poesie (1911); Coi miei occhi (poesia 1912); La serena disperazione (poesia 1920), Cose leggere e vaganti (poesia 1920); Il canzoniere (1921); Preludio e canzonette (1922); Autobiografia. I Prigioni (prosa 1923); Figure e canti (1926); L'uomo (1926); Preludio e fughe (1928); Tre poesie alla mia balia (1929); Ammonizioni ed altre poesie 1900-1910 (1932); Tre composizioni (1933); Ultime cose 1900-1945 (1944); Il Canzoniere (1900-1945) (1945); Mediterranee (1946); Scorciatoie e raccontini (racconti 1946); Storia e cronistoria del Canzoniere (prosa 1948); Il Canzoniere (1900-1947) (1948); Poesie dell'adolescenza e giovanili 1900-1910 (1949); Trieste e una donna 1910-1912 (1950); Uccelli (1950); La serena disperazione 1913-1915 (1951); Uccelli e quasi un racconto 1948-1951 (poesia 1951); Preludio e canzonette 1922-1923 (1955); Il Canzoniere (1900-1954) (1957); Epigrafe. Ultime prose (poesie e prose 1959); Quel che resta da fare ai poeti (articolo 1961); Parole. Ultime cose 1933-1943 (1961); Il piccolo Berto 1923-1931 (1961); Ernesto romanzo incompiuto 1975); La Capra in Poesie e prose scelte (1995);