21 giugno 2013

Classici da (A)mare: Le "Satire" di Orazio

di Roberto Marino


Un "classico" rimane sempre attuale proprio in quanto classico. Non è una contraddizione e neppure un gioco di parole, ma solo la verità dei fatti. La stessa verità, detta con la stessa lucidità di cui Quinto Orazio Flacco si serve per scrivere le proprie Satire, un libello diviso in due parti e composto da dieci satire nella prima (nel primo libro, come si soleva dire nell'antichità) e di otto nella seconda.

Opera semplice e complessa quella di Orazio, a cui ci si può accostare attraverso diverse chiavi di lettura. Si possono infatti leggere le diciotto satire, gustando la sottile ironia che le caratterizza - lasciandosi coinvolgere dallo stile arguto dell'autore e dall'eternità di riflessioni senza tempo - oppure facendo sì tutto questo, ma cogliendo nel frattempo le dettagliate descrizioni della società romana del I secolo a.C., che emerge da uno sfondo più in superficie di quello che si crede. 

E allora ecco che i vizi, i difetti degli uomini, che il poeta evidenzia senza saccenteria né bigottismo, diventano caratteristiche appartenenti a tutti gli uomini, autore compreso, sancendo la sorprendente attualità del poeta latino. Con grande modernismo infatti Orazio riesce ad evidenziare «la consapevolezza del discrimine sottilissimo, eppure indubitabile, tra bene e male, tra una vita investita secondo giustizia e una dissipata senza criterio alcuno», come dice Roberto Galaverni nella prefazione all'edizione Bur, collana Classici del pensiero libero. 

Ma se i vizi colgono tutti gli uomini, come è possibile riuscire a districarsi in un mondo difficile, in una società pericolosa senza rimanerne schiacciati? Sicuramente attraverso la filosofia, nella versione di un epicureismo moderato e consapevole che non risparmia qualche  frecciatina al più morigerato e poco realistico stoicismo. Il filo conduttore della poesia oraziana, ma anche e soprattutto della sua poetica e del suo epicureismo realistico, diventa allora la moderazione; la logica del giusto mezzo che gli fa pronunciare una delle sentenze divenute memorabili: «est modus in rebus» («c'è nelle cose una misura»). 

Proprio la moderazione, il senso della misura, conquistati attraverso l'ironia, la vis comica,  e finalizzati al raggiungimento della giusta dimensione della vita, rendono la scrittura e i ragionamenti di Orazio "esistenzialmente" attuali e dunque vicini alla nostra sensibilità di uomini contemporanei. Al di là dei problemi contingenti legati al periodo infatti, quelli più profondi, più interiori, più umani diventano simili ai nostri, così come simile è lo sforzo del poeta di fondere insieme finzione letteraria (che tanto finzione poi non è) e vita reale, creando un mix equilibrato, divertente e gustoso di stile, racconto, contenuto.

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