Sabato in Poesia: "Vendemmia" di Marino Moretti

Vendemmia di Marino Moretti è una poesia tratta dalla raccolta Sentimento: pensieri, poesie...

Roma capitale d'Italia

Chissà quanti studenti ed ex studenti liceali si sono trovati a tradurre la famosissima frase del De Oratore...

L'origine della crisi finanziaria statunitense

La crisi che ha interessato i mercati finanziari dei paesi maggiormente sviluppati, e che gli esperti...

Così cinque anni fa cominciava la crisi...

"Era una notte buia e tempestosa...", questo è l'incipit dell'interminabile romanzo che Snoopy...

Sabato in Poesia: Estratto di "Beppo, racconto veneziano" (George Gordon Lord Byron)

Beppo è un poemetto satirico in ottave ariostesche (secondo lo schema metrico ABABABCC), attraverso il quale Byron affronta...

30 novembre 2013

Sabato in Poesia: "Le osterie" di Alda Merini

La lirica è tratta dalla raccolta Vuoto d'amore. L'amore qui dichiarato è per i posti riservati, lontani dalla confusione del mondo e soprattutto che accolgono persone vere, quelle che sanno immergersi nell'ebbrezza della vita e del sogno, che ne sanno cogliere la profondità, condotti da una mente esaltata, eccitata. Le osterie sono quei posti, luoghi di raccolta ma non lazzaretti per malati d'amore, bensì occasioni di incontro di geni, poeti, artisti, indagatori della vita degli uomini, tutta presa dal tempo che corre, dagli eventi che la sovrastano. Reinterpretate in chiave romantica e poetica, le osterie smettono di essere posti sudici e frequentati da gente di malaffare o sbandata; non sono più bettole, ma diventano luoghi eleganti e divini, quasi templi profani dedicati al dio della vita per eccellenza, Bacco. E poi nelle osterie c'è la presenza costante di un personaggio, Charles, decisamente misterioso quanto attraente. Chi sara mai? Baudelaire (poeta della vita di strada e bohémien e simbolo dell'ebbrezza), o forse il pittore coinquilino della poetessa con cui ebbe una intensa relazione amorosa e a cui dedica alcune poesie?


A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre vapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.

Alda Merini

Alda Merini (1931-2009) è stata una poetessa, scrittrice e aforista italiana. Esordì come autrice all'età di 15 anni grazie all'interessamento di Giacinto Spagnoletti, che pubblicò le sue prime poesie nell'Antologia della poesia italiana contemporanea 1909-1949. Nel 1953, sposò Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie di Milano. Nel '55 nacque la prima figlia, Emanuela, e al medico curante della bambina, Pietro De Paschale, la poetessa dedicò una raccolta dal titolo Tu sei Pietro. Dopo questo periodo iniziò la fase più buia della sua vita, fatta di silenzio letterario ed isolamento, a causa dell'internamento nell'ospedale psichiatrico "Paolo Pini", che durò fino al 1972 con vicende alterne di ritorni in famiglia e ricoveri. Nel 1979 riprese la sua attività di scrittrice, dando vita ai testi più intensi di tutta la sua produzione, che contengono le esperienze devastanti del periodo di reclusione in manicomio. Nel 1983, rimasta vedova e ignorata dal mondo letterario ed editoriale, affittò una camera della propria casa ad un pittore di nome Charles, per dividere le spese e lenire la solitudine, ed iniziò a comunicare con l'anziano poeta Michele Pierri, interessato alla sua produzione artistica. Nell'ottobre dello stesso anno i due si sposarono, trasferendosi a Taranto dove lui, medico, era stato primario di Cardiologia all'ospedale SS. Annunziata. Dopo aver sperimentato nuovamente gli orrori del manicomio, nell'86 tornò a Milano, dove finalmente riuscì a trovare serenità e a riprendere la sua attività di scrittrice. Nel 1993 il primo riconoscimento ufficiale: il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la Poesia; nel '96 il Premio Viareggio e l'anno dopo il Premio Procida - Elsa Morante. Nel 2004 i primi problemi di salute la portarono al ricovero nell'Ospedale San Paolo di Milano e subito dopo nella sua casa di Porta Ticinese. Nei primi anni Duemila ricevette l'attenzione di tutto il mondo musicale, che alle sue poesie dedicò molti tributi. Si spense il 1° novembre 2009 a causa di un tumore. Ricette funerali di stato nel Duomo di Milano.
La sua sterminata produzione comprende: La presenza di Orfeo (1953), Paura di Dio (1955), Nozze romane (1955), La pazza della porta accanto (1955), Tu sei Pietro. Anno 1961 (1962), Destinati a morire. Poesie vecchie e nuove (1980), Poesie (1981), Le rime petrose (1983), Le satire della Ripa (1983), Le più belle poesie (1983), La Terra Santa (1984), La Terra Santa e altre poesie (1984), L'altra verità. Diario di una diversa (1986), Fogli bianchi. 23 inediti (1987), Testamento (1988), Delirio amoroso (1989), Le pietre (1989), Il tormento delle figure (1990), Balocchi e poesie (1991), Canzone dell'amore spento (1991), Valzer (1991), Vuoto d'amore (1991), 5 poesie (1992), Aforismi (1992), Ipotenusa d'amore (1992), La vita facile. Aforismi (1992), La palude di Manganelli o il monarca del re (1992), La vite felice: aforismi (1992), La vita più facile: Aforismi (1992), Le zolle d'acqua. Il mio naviglio (1993), Rime dantesche (1993), Se gli angeli sono inquieti. Aforismi (1993), Titano amori intorno (1993), 25 poesie autografe (1994), Reato di vita. Autobiografia e poesia (1994), Il fantasma e l'amore. Un monologo, tre poesie e... (1994), Lettera ai figli (1994), Ballate non pagate (1995), Doppio bacio mortale (1995), Lettera a Maurizio Costanzo (1995), Sogno e poesia (1995), La vita facile. Sillabario (1996), Refusi (1996), Un'anima indocile. Parole e poesie (1996), Aforismi (1996), Un poeta rimanga sempre solo (1996), Immagini a voce (1996), Aforismi (1997), Curva di fuga (1997), Ape Regina (1997), L'altra verità. Diario di una diversa (1997), La volpe e il sipario. Poesie d'amore (1997), Orazioni piccole (1997), Ringrazio sempre chi mi dà ragione. Aforismi (1997), Salmi della gelosia (1997), 57 poesie (1998), Alda Merini & Enrico Baj. Quattro poesie inedite (1998), Eternamente vivo (1998), Favole, Orazioni, Salmi (1998), Ladri di destini (1998), Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi (1998), Aforismi e magie (1999), Figli e adii (1999), Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta (1999), La poesia luogo del nulla. Poesia e parole con Chicca Gagliardo e Guido Spaini (1999), L'uovo di Saffo. Alda Merini e Enrico Baj (1999), L'intima morte della parola (1999), Le ceneri di Dante: con una bugia sulle ceneri (1999), Vacanze 1999 (1999), L'amante innamorata (2000), Sogno e poesia (2000), Superba è la notte (2000), Due epitaffi e un testamento (2000), Vanità amorose (2000), Vanni aveva mani lievi (2000), Le poesie di Alda Merini (2000), Tre aforismi (2000), Amore (2000), Corpo d'amore. Un incontro con Gesù (2001), Requiem (2001), Amore di carta (2002), Folle, folle, folle d'amore per te. Poesie per giovani innamorati (2002), Gufo (2002), Il maglio del poeta (2002), Magnificat. Un incontro con Maria (2002), Maledizioni d'amore (2002), Il paradiso (2002), Anima (2002), Ora che vedi Dio (2002), Un aforisma (2002), La vita (2002), Una poesia (2002), Invettive d'amore e altri versi (2002), Oggi come ieri (2002), Clinica dell'abbandono (2003), Des Cartes (Descartes), con uno scritto di Camillo de Piaz, immagini di William Xerra, fotografie di Giuliano Grittini e Prospero Crovedi, Vicolo del Pavone (2003), Dopo tutto anche tu (2003), La carne degli angeli (2003), Più bella della poesia è stata la mia vita (2003), Delirio amoroso (2003), Alla tua salute, amore mio: poesie, aforismi (2003), Poema di Pasqua (2003), Il mascalzone veronese (2003), Lettere d'amore di due poetesse (2003), Writing-in-children (2003), Carro d'amore (2004), Le briglie d'oro. Poesie per Marina 1984-2004 (2004), Lettere ai bambini (2004), El disaster (2004), Poema della Croce (2004), Sono nata il 21 a primavera (2004), Amleto di carta (2005), Il diavolo è rosso (2005), Nel cerchio di un pensiero. (Teatro per sola voce) (2005), Sono nata il ventuno a primavera. Diario e nuove poesie (2005), Uomini miei. Brandelli di un'autobiografia sentimentale (2005), Il Tavor (2005), Io dormo sola (2005), Figli e poesie (2005), La famosa altra verità (2005), L'altra verità diario di una diversa (2006), Un segreto andare (2006), Lettere di Pasolini (2006), Cantico dei Vangeli (2006), Canto Milano (2007), Francesco. Canto di una creatura (2007), La nera novella. (Umorismo nero) (2007), Rasoi di seta. Giovanni Nuti canta Alda Merini (2007), Antenate bestie da manicomio (2008), Mistica d'amore (2008), Lettere al dottor G (2008), Sonetti d'amore e angeliche pene (2008), Canzoni «'a guapparia» (2009), Padre mio (2009), Come polvere o vento (2009), Eroticamente . Passioni e riflessioni (2009), Il carnevale della croce. Poesie religiose. Poesie d'amore (2009), Le madri non cercano il paradiso (2009), Elettroshock. parole, poesie, racconti, aforismi, foto (2010), Nuove magie: aforismi inediti 2007-2009 (2010), Una piccola ape furibondaGiovanni Nuti canta Alda Merini (2010).

25 novembre 2013

Biagio Accardi il cantastorie


di Giovanna Cafaro e Roberto Marino

Ci sono figure, non soltanto professionali ma anche appartenenti al mondo della cultura popolare, che vengono travolte inevitabilmente dal progresso tecnologico ed economico. Una di queste è il cantastorie. Un tempo intrattenitore nelle piazze di borghi e villaggi, diffusore di cultura presso gli strati sociali meno elevati della popolazione, oggi è una vera e propria rarità. A maggior ragione il suo valore culturale diventa ancora più elevato. Perché riesce a strappare qualche risata genuina e non confezionata in un contenitore mediatico; perché riscopre valori, conoscenze, modelli comportamentali che appartengono al passato e che ci sono sconosciuti, anche se spesso inconsciamente retroagiscono nella nostra vita. 

Può anche capitare però di trovarsi di fronte a chi crede ancora nelle proprie radici al punto tale da recuperare una figura simile e coniugarla con le necessità ed opportunità del mondo contemporaneo. Nasce così la figura del cantastorie moderno, che gira a piedi per i comuni della sua terra (la Calabria) in compagnia di un'asina - Cometa Libera il suo nome - e porta i suoi spettacoli, fatti di serenate, strine, canti popolari, alla conoscenza di tutti, lanciando un messaggio in controtendenza rispetto alla velocità cui siamo abituati: il messaggio della riscoperta dell lentezza.

Noi di Accendiamo le Idee abbiamo incontrato una simile perla rara alla presentazione del suo libro-CD Cantu cuntu e... mi ni fricu e non ci siamo lasciati sfuggire l'occasione di intervistarlo.

Cominciamo col dire chi è Biagio Accardi.
E' un uomo qualunque. Il cantastorie è un personaggio di questa epoca. E' colui il quale sta inventandosi un lavoro, soprattutto allo scopo di promuovere un territorio troppo spesso abbandonato, dimenticato; colui che sta cercando di portare un messaggio, che è quello della lentezza. Di fronte poi ad una situazione di crisi economica come quella che stiamo vivendo, rivalutare il mondo contadino, il mondo rurale può essere l’unica strada percorribile per i giovani. Non bisogna prendere però una soluzione del genere come una sconfitta. Potrebbe infatti costituire un beneficio per l'ambiente, per il mondo dove viviamo, per la qualità della nostra vita.

Le esibizioni dei cantastorie sono un vero e proprio atto performativo, un rito che riflette, esprime il sistema sociale o la configurazione culturale di una determinata epoca, nella quale, attraverso una critica in parte diretta in parte velata, si trasmette il senso della nostra Storia. Secondo l’antropologo Victor Turner, le performance culturali non sono semplici schermi riflettenti o espressioni di cultura, ma possono diventare esse stesse agenti attivi di cambiamento.
Pienamente d’accordo con la posizione di Turner. Ho sempre pensato che le forme artistiche, qualsiasi esse siano, debbano recare un messaggio. Se poi questo riesce ad essere strumento di cambiamento (e un cambiamento deve esserci) sensibilizzando l'animo umano, allora la poesia avrà realizzato forse il suo compito morale più elevato. Se un cambiamento sociale ci sarà, arriverà sicuramente attraverso la poesia.

L’associazione Cattivo Teatro si inserisce in quel filone di controcultura, che vuole mettere tra parentesi un modello culturale massificato e omologato. In una realtà così satura di informazioni, di dati, di ipermedialità (internet è un medium esplosivo) si rischia di inciampare nel qualunquismo o, d'altra parte, nell’asservimento mediatico, dove riuscire a dare all’uomo comune una sorta di orientamento diventa difficile.
Il documento che riporta questo tipo di progetto a cui lei si riferisce, all'interno del quale vengono presentate la mia associazione e gli obiettivi che si propone di raggiungere, è piuttosto datato. Risale infatti all'epoca in cui internet cominciava a muovere i suoi primi passi. Sicuramente, all'interno dei mass media, c'è il rischio che il messaggio diventi un'operazione piuttosto confusionaria, retorica, un qualcosa che sta nel calderone. Per questo motivo, il mezzo che preferisco per veicolare determinati messaggi è la mia arte, è quello che faccio nelle piazze a diretto contatto con la gente.

Canto, cuntu... è uno spettacolo di stampo teatrale che include al suo interno non solo gli elementi della tradizione calabrese quindi la “strina”, le sonate sempre accompagnate dalla tipica strumentazione dell’epoca ma vi si trova la maschera della Commedia dell’arte, forse una scelta stilistica che serve a evidenziare, attraverso la stilizzazione di particolari stereotipi, le virtù e i difetti di un popolo.
Sono un cantastorie atipico, frutto del mio vissuto artistico. La maschera è solo uno strumento come tanti altri, che ho a disposizione per dire certe cose. Faccio qualche esempio: lo scherno di Il Testamento, in cui un personaggio morto lascia una sorta di testamento spirituale attraverso cui prendere in giro diversi personaggi di grado sociale più o meno elevato, oppure la ironica e divertente reazione schifata di Noè, il personaggio di Kairos - il nuovo progetto a breve in partenza (NdA) - di fronte alla provetta che contiene il liquido utile a riprodurre il genere umano. Se Biagio uomo mandasse a farsi friggere il genere umano, avrebbe poco senso; una maschera può invece farlo senza creare particolari contraddizioni.

Lo spettacolo conclusivo della sua presentazione, Il Testamento, ricorda molto la tradizione degli chansonniers francesi, in cui si inseriscono ad esempio Georges Brassens (Le Testament, 1956), il belga Jacques Brel (Le moribond, 1961) o il cantautore italiano Fabrizio De Andrè (Il Testamento, 1963), che si ispirò ai primi due e al poeta maledetto del Quattrocentesco, François Villon, che di quella tradizione è uno degli iniziatori. Tutti e tre i cantautori affrontano lo stessa tema, quello della morte in una chiave pungente e ironica. Quali sono i modelli artistici o intellettuali di Biagio Accardi?
Frank Zappa (ride). Tutti e nessuno. Ho detto Frank Zappa, perché secondo me sta nell'olimpo dei musicisti. A citarli tutti quanti... Ovviamente la mia è una scelta soggettiva. 

Che cosa ha imparato, scoperto o, meglio ancora, riscoperto nel suo viaggio nel mondo calabrese?
Tutto quello che ho appreso, o almeno la maggior parte, lungo il mio viaggio nel mondo calabrese lo devo alla mia asina Cometina, la mia maestra di vita. Nell'immaginario collettivo l'asino per antonomasia è considerato come simbolo della cocciutaggine, della testardaggine. Addirittura a scuola si usa l’appellativo di asino in senso spregiativo, per indicare un bambino svogliato. L’asino invece è determinato. Se si ferma per strada e non ha più voglia di camminare, c'è un motivo, magari un pericolo che cerca di comunicare. E' l'irruenza dell'uomo, che cerca piuttosto di sopraffare la natura a tutti i costi, che non può funzionare. Questo, forse, è l'insegnamento più grande che ho ricevuto durante il mio viaggio. Devo dire poi che si è creata una specie di simbiosi molto stretta tra me e la mia asina. Stando infatti a contatto per così tanto tempo, si inizia inevitabilmente a capirsi.

23 novembre 2013

Sabato in Poesia: "Eroina" di Riccardo Mannerini

Eroina tratta del tema piuttosto spinoso e molto concreto della dipendenza da sostanze stupefacenti. Il discorso è ovviamente estendibile a qualsiasi "droga", in senso meno stretto, che genera assuefazione. Il testo è molto preciso nella descrizione degli effetti surreali (non solo fisici, ma anche emotivi come il senso di profonda solitudine esistenziale che coglie il tossicomane, la paura e il senso di vergogna nel rivelare agli altri la propria condizione, la insolita e inaspettata consapevolezza di vivere una situazione di forte dipendenza e drammaticità) derivanti dall'assunzione di sostanze che alterano la normale percezione della realtà e rivela la grande lucidità di Mannerini, come anche il coraggio di affrontare tematiche scabrose, piuttosto prosaiche, con un linguaggio asciutto e crudo, decisamente consono all'argomento. Tipici dello stile delle poesie di Mannerini sono il realismo, la vicinanza a figure o situazioni marginali e degradate della società, la capacità di aver contribuito a "svezzare" la poesia al brutto concreto, attribuendo liricità a ciò che non ne aveva mai avuto prima.  



Come potrò dire
a mia madre
che ho paura?
La vita,
il domani,
il dopodomani
e le altre albe
mi troveranno
a tremare
mentre
nel mio cervello
l’ottovolante della critica
ha rotto i freni
e il personale
è ubriaco.
Ho paura,
tanta paura,
e non c’è nascondiglio possibile
o rifugio sicuro.
Ho licenziato
Iddio
e buttato via una donna.
La mia patria
è come la mia intelligenza:
esiste, ma non la conosco.
Ho voluto
il vuoto.
Ho fatto
il vuoto.
Sono solo
e ho freddo
e gli altri nudi
ridono forte
mentre io striscio
verso un fuoco che non mi scalda.
Guardo avvilito
questo deserto
di grattacieli
e attonito
vedo sfilare
milioni di esseri di vetro.
Come potrò 
dire a mia madre
che ho paura?
La vita,
il suo motivo,
e il cielo
e la terra
io non posso raggiungerli
e toccare…
Sono sospeso a un filo
che non esiste
e vivo la mia morte
come un anticipo terribile.
Mi è stato concesso
di non portare addosso
vermi
o lezzi o rosari.
Ho barattato
con una maledizione 
vecchia ma in buono stato.
Fu un errore.
Non desto nemmeno
più la pietà
di una vergine e non posso
godere il dolore
di chi mi amava.
Se urlo chi sono,
dalla mia gola
escono deformati e trasformati
i suoni che vengono sentiti
come comuni discorsi.
Se scrivo il mio terrore,
chi lo legge teme di rivelarsi e fugge
per ritornare dopo aver comprato
del coraggio.
Solo quando
scadrà l’affitto
di questo corpo idiota
avrò un premio.
Sarò citato
di monito a coloro
che credono sia divertente
giocare a palla
col proprio cervello
riuscendo a lanciarlo
oltre la riga
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell’infinito.
Come potrò dire a mia madre
che ho paura?
Insegnami, 
tu che mi ascolti,
un alfabeto diverso
                                                    da quello della mia vigliaccheria. 

Riccardo Mannerini

Riccardo Mannerini (1927-1980) fu un poeta e paroliere italiano libertario e di tendenze anarchiche. Nacque a Genova, figlio di un militare di carriera e di una violista. Nel 1943 perse il padre e l'anno successivo, catturato dai tedeschi, venne impiegato come operaio e costretto a lavorare in una fabbrica di ricambi di armamenti. Proprio lì la sua vita intellettuale ebbe una svolta; conobbe infatti un operaio libertario che lo iniziò al pensiero anarchico. Dopo la guerra si iscrisse alla facoltà di medicina, da cui ben presto dovette ritirarsi per ragioni economiche, pur continuando a frequentare l'ambiente universitario. Decise così di imbarcarsi e girare il mondo, annotando su taccuini e quaderni il frutto dell'incontro tra le esperienze e la sua capacità analitica. Dopo il parere positivo di un amico, si decise ad inviare le sue poesie a concorsi e riviste, trattando però le sue composizioni come dei giochi. Durante uno dei suoi viaggi, uno sfortunato incidente - la fuoriuscita di vapore dai tubi della sala macchine - gli ustionò gli occhi, compromettendo per sempre la sua normale capacità visiva. Reagì alla disgrazia, impegnandosi in vari modi nel sociale. Decisamente importante per la sua vita artistica e personale fu l'incontro con Fabrizio De André, da cui nacque una bella e sincera amicizia e una collaborazione per la realizzazione del testo della canzone Cantico dei drogati, che fa parte dell'album Tutti morimmo a stento del cantautore genovese, e di alcuni testi delle canzoni inserite nell'album Senza orario senza bandiera dei New Trolls. Le divergenze e discussioni piuttosto accese con De André portarono ad un allontanamento tra i due e, in seguito all'acutizzarsi di una feroce depressione, il 26 marzo del 1980 Mannerini decise di togliersi la vita nella palestra della moglie, la poetessa e scrittrice Rita Serando. 
Le sue poesie sono raccolte nei due volumi pubblicati postumi: Un poeta cieco di rabbia (2004), Il sogno e l'avventura. Poesie 1955-1980 (2009). 

16 novembre 2013

Sabato in Poesia:"Tu che ai valzer d'un tempo" di Giorgio Caproni

La poesia è tratta dalla raccolta Cronistoria del 1943. Il titolo della raccolta sembra alludere ad una sorta di resoconto, un diario, in cui l'autore sembra ripercorre le tappe della sua storia personale, segnata dal dolore per la morte della sua fidanzata Olga Franzoni e successivamente dal nuovo incontro con la futura moglie Rina. Nella lirica che segue, argomento centrale è il confronto temporale tra due momenti differenti e lontani: quello del passato, a cui la donna sembra abbandonarsi come in un leggero vortice di valzer, e quello della sua assenza nel tempo presente, arricchito dal profumo degli agrumi e segnato da un lampeggiare di fumi sulla collina. Nella seconda strofa sono presenti richiami e parallelismi molto forti, che giocano ancora col movimento nel tempo: il profumo degli agrumi ricorda quello della donna, i fumi sulla collina riprendono l'ardore della sua giovinezza, che si manifesta nella floridezza del seno attraverso la metafora dei carboni ardenti. L'immagine si mostra infine per quella che è: sogno nelle evocazioni di canzoni ormai diroccate dal vento.

METRO: versi brevi di diversa misura, con prevalenza di ottonari, tranne il v. 1, 12, 13 che sono settenari, il v. 2 decasillabo, il v. 7 ternario, il v. 9 senario. Vari giochi di rime interne e consonanze e riecheggiamenti. 


Tu che ai valzer d'un tempo
in una furia lieve di suoni
ti lasci, non senti il tempo
di questo giorno che odora
d'agrumi - non senti il lampo
sulla collina nei fiumi
di marzo.

 Nei tuoi profumi
remota, uno sfarzo
di giovinezza al tuo petto
arde carboni - un perfetto
sogno: le tue canzoni
diroccate dal vento.

Giorgio Caproni


Giorgio Caproni (1912-1990) fu un poeta, critico letterario e traduttore. Nacque a Livorno il 7 gennaio, dove trascorse gli anni dell'infanzia. A dodici anni si trasferì a Genova, città in cui compì i primi studi di violino e composizione in Conservatorio e conseguì l'abilitazione magistrale. Nel 1939, dopo un breve soggiorno a Pavia, si trasferì a Roma dove trascorse il resto della vita pur spostandosi a Loco di Rovegno per trascorrere le pause estive. Nel 1937 aveva intanto sposato Rina Rettagliata, conosciuta proprio in quella località durante il periodo di insegnamento. Partecipò alla Resistenza e, a guerra terminata, riprese la sua attività di maestro nelle scuole elementari. Oltre a questa professione, collaborò anche con diverse riviste e con giornali sia attraverso la pubblicazione di poesie che con contributi in prosa, quali saggi critici, racconti e traduzioni. Morì il 22 gennaio e fu sepolto con la moglie nel cimitero di Rovegno. Molti i riconoscimenti post mortem. Nei primi anni Duemila, la provincia di Genova ha dedicato al poeta il Parco Culturale "Giorgio Caproni", con sede a Montebruno. Il paesino di Fontanigorda gli ha invece dedicato il Sentiero Poetico Giorgio Caproni. La città di Livorno, l'11 novembre 2007, ha posto una targa in Corso Amedeo, in suo ricordo e a Genova, dal 14 febbraio 2009, si può trovare una piazza del centro in via Maggi a lui intitolata. Infine, il 12 agosto 2009, a Fontanigorda è stato inaugurato il centro culturale "Giorgio Caproni".  
Tra le opere di Caproni abbiamo: Come un'allegoria (1932-1935) (poesia 1936), Ballo a Fontanigorda (poesia 1938), Alba (poesia 1938), Finzioni (poesia 1941), Cronistoria (poesia 1943), Il passaggio di Enea. Prime e nuove poesie raccolte (poesia 1956), Il seme del piangere (poesia 1959), Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee (poesia 1965), Il Terzo libro e altre cose (poesia 1968), Il muro della terra (poesia 1975), Erba francese (poesia 1979), Il franco cacciatore (poesia 1979), Tutte le poesie (poesia 1983), Il labirinto (narrativa 1984), Il conte di Kevenhüller (poesia 1986), Res amissa (poesia 1991), Frammenti di un diario (1948-1949) (narrativa 1995), La scatola nera (saggio 1996), L'opera in versi (poesia 1998), La valigia delle Indie e altre prose (narrativa 1998), Quaderno di traduzioni (poesia 1998), Era così bello parlare. Conversazioni radiofoniche (saggio 2004), Giudizi del lettore. Pareri editoriali (saggio 2006), Una poesia indimenticabile. Lettere 1936-1986 (saggio 2007), Racconti scritti per forza (narrativa 2008).



09 novembre 2013

Sabato in Poesia: "San Martino" di Giosuè Carducci

San Martino è la lirica LVIII della raccolta Rime nuove. Il pezzo fu scritto l'8 dicembre 1883 in un'ora circa e, nonostante la velocità di stesura, fu corretto e modificato varie volte; tra le variazioni più importanti si ricorda quella del titolo che avrebbe dovuto essere Autunno. I riferimenti letterari che hanno ispirato Carducci nella composizione sono piuttosto evidenti: Gabriello Chiabrera di Canzonette morali («e sotto i fulmini / rimugghia il mar») e Ippolito Nievo del canzoniere Le lucciole («L'ombra per colli e monti / inerpicando sale»). Non mancano poi le allusioni più classiche alle descrizioni invernali, che Orazio fa nel primo libro dei Carmina, dove sottolinea il contrasto tra il mare agitato, la neve che ricopre i boschi e il fiume e gli interni della casa riscaldati dal focolare e dal vino. A parte i riferimenti alla tradizione, il quadretto che emerge dalle descrizioni carducciane è piuttosto semplice, quotidiano, equilibrato, quasi rassicurante pur nella dimensione malinconica autunnale, sospesa per un attimo dalla presenza allegra e odorosa del vino in fermento. La poesia si chiude con una riflessione, o meglio un accenno, ai pensieri raminghi e vagabondi del cacciatore, paragonati ad uccelli esuli che vagano verso un indefinito non-luogo, in cui si intravede un riferimento, seppure pacifico, al senso dello smarrimento causato dallo svanire, dalla morte.

METRO: Strofette anacreontiche di quartine formate da settenari con rima ABBC; l'ultimo verso di ogni quartina è sempre tronco e ha la stessa rima. 


La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.

Giosuè Carducci

Giosuè Carducci (1835-1907) fu un poeta e scrittore italiano. Cresciuto nella campagna della Maremma toscana, si trasferì successivamente a Firenze e a Pisa, dove si laureò nel 1856 in filosofia e filologia, con una tesi dal titolo Della poesia cavalleresca o trovadorica. Naturalmente portato per l'insegnamento, dall'anno successivo intraprese la professione di docente di retorica al Ginnasio di San Miniato al Tedesco. Nel 1857 lasciò la cattedra a causa della ristrettezza morale dell'ambiente e nel '59 sposò Elvira Menicucci. L'anno dopo ottenne dal ministro dell'istruzione Terenzio Mamiani la cattedra di Letteratura Italiana all'Università di Bologna. Qui ebbe modo di dimostrare tutta la sua cultura, il suo zelo, le sue grandi doti di insegnante. Nel 1870, il dolore per l'improvvisa morte del figlio fu talmente acuto e devastante che il poeta cadde nello scoramento più totale, al punto da scrivere in una lettera: «Non voglio far più nulla. Voglio inabissarmi, annichilirmi». Riuscì poi a superare il momento, dedicando al figlio la poesia Pianto antico. Nel 1871 conobbe Carolina Cristofori Piva, con cui intrattenne una dolce relazione extraconiugale, terminata dopo un anno. Esperienza non unica per Carducci, che nel '90 ebbe un'altra amante, la scrittrice Annie Vivanti. Dal 1881 iniziò una collaborazione di tre anni con il giornale Cronaca bizantina, fondato dall'imprenditore Angelo Sommaruga. Il 12 maggio 1881, Carducci fu nominato membro del Consiglio Superiore dell'Istruzione, carica che gli consentiva di far parte della commissione giudicante gli aspiranti docenti universitari. Anche in questo caso mostrò tutta la sua integrità morale, ricoprendo il ruolo con correttezza e rifiutando pressioni e favoritismi. Nel 1890 venne nominato senatore e durante il suo mandato sostenne il governo Crispi di stampo conservatore. Colpito da una paralisi alla mano destra nel 1899 trovò difficoltà a scrivere, tanto da dover ricorrere spesso alla dettatura. Nel 1901 incontrò D'Annunzio alla redazione di Il Resto del Carlino con cui pranzò; l'evento fu immortalato dal celebre pittore locale Nasica, che rappresentava spesso nei propri bozzetti i momenti più significativi della vita cittadina. A causa di seri problemi di salute, nel 1904 fu costretto a lasciare l'insegnamento e due anni dopo ricevette il premio Nobel, che non potrà ritirare direttamente. Morì di cirrosi epatica nel 1907. 
Le opere di Carducci sono: Rime (1857), Levia gravia (poesie 1868), Poesie (1871), Primavere elleniche (poesie 1871), Nuove poesie (1873), Studi letterari (saggi 1874), Delle poesie latine edite e inedite di Ludovico Ariosto: studi e ricerche (saggi 1875), Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV ritrovate nei Memoriali dell'Archivio notarile di Bologna (saggi 1876), Bozzetti critici e discorsi letterari (saggi 1876), Odi barbare (poesie 1877), Juvenilia (poesie 1881), Confessioni e battaglie (prosa 1882), Giambi ed Epodi (poesie 1882), Nuove odi barbare (poesie 1882), Ça ira (poesia 1883), Conversazioni critiche (saggi 1884), Rime nuove (poesie 1887), Il libro delle prefazioni (saggi 1888), Terze odi barbare (poesie 1889), Storia del Giorno di Giuseppe Parini (saggi 1892), Su l'Aminta di T. Tasso, saggi tre, con una pastorale inedita di G.B. Giraldi Cinthio (saggi 1896), Degli spiriti e delle forme nella poesia di Giacomo Leopardi (saggi 1898), Rime e ritmi (poesie 1899), Poesie (MDCCCL-MCM) (1901).

07 novembre 2013

Che cos'è la democrazia?

di Roberto Marino

Che cos'è la democrazia? La domanda non è affatto banale, perché la risposta non è unica né nello spazio né tanto meno nel tempo. Così come tutte le cose su questa terra anche questa istituzione subisce una serie di trasformazioni legate ai cambiamenti culturali. 

Come tutti sanno, il viaggio della democrazia nella storia dei popoli nasce nell'Atene di 2500 anni fa con le riforme del legislatore Clistene, che consentirono anche ai non benestanti e possessori di rendite o proprietà (ma liberi, uomini e non stranieri) di partecipare attivamente all'amministrazione della cosa pubblica attraverso l'introduzione del compenso per i rappresentanti della popolazione. Da allora la democrazia ha fatto molta strada e si è arricchita nel tempo di elementi sempre nuovi. 

I principi fondanti della democrazia sono pochi ma buoni, almeno in teoria. Il valore dell'uguaglianza, del rispetto e ultimamente della tutela delle diversità e delle minoranze; quello della libertà di tutti gli individui; l'idea della partecipazione complessiva, senza distinzioni né restrizioni, dell'intero corpo cittadino alla chiamata elettorale per eleggere i legislatori dello stato; il concetto di rappresentanza degli eletti, che permette ai detentori della fiducia popolare l'esercizio del potere su delega del corpo elettorale; il criterio della divisione dei poteri, per evitarne la concentrazione nelle mani di un solo uomo o un solo gruppo di uomini, inizio della dittatura. E l'Europa, ma non solo, da questo punto di vista ha già dato nel secolo scorso.

Se la democrazia ha dovuto affrontare migliaia di avventure e disavventure prima di affermarsi in buona parte del mondo in modo più o meno condivisibile, non è detto che il processo sia terminato anche in quei paesi che ormai hanno fatto della democrazia il loro vessillo. Nulla di non perfettibile esiste nel mondo e ancor più nella storia degli uomini e dei loro prodotti. 

La democrazia in senso moderno deve la vita a tre o quattro eventi particolari verificatisi nel corso della storia degli ultimi tre secoli. La Rivoluzione Francese, che ha portato la borghesia - allora parte alta del popolo - all'interno dei gangli del potere, facendole acquisire prestigio politico a fronte di un cresciuto potere economico; il processo di formazione ed egemonia di questa classe sociale rivoluzionaria, in particolare nella versione inglese; la Rivoluzione Americana e la costruzione della democrazia della maggioranza (con tutte le controindicazioni e gli antidoti di cui parlava Tocqueville); l'avvento dei fascismi e la lotta dei paesi liberali contro la loro affermazione. 

In Italia e negli altri paesi occidentali la forma di democrazia è di tipo rappresentativo. Esistono libere elezioni a cui può candidarsi qualunque cittadino (il Movimento Cinque Stelle nel nostro paese ha dimostrato alle ultime elezioni che ciò accade realmente), alla conclusione delle quali si decretano i nuovi (non sempre) membri del parlamento, detentori del potere legislativo e rappresentanti del potere popolare. 

La domanda sorge spontanea: i rappresentanti dei cittadini sono "esecutori" della volontà popolare o interpreti secondo coscienza? Cosa significano l'una cosa e l'altra e c'è un modo per misurare i confini della libertà di espressione? L'articolo 67 della nostra costituzione dice: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»Questo principio garantisce il fondamento della democrazia rappresentativa, perché sottolinea il valore indiscutibile della "libertà di e da" dei delegati, ma pone serie possibilità di un cortocircuito tra la volontà popolare, il rispecchiarsi degli elettori in un partito politico con dei programmi e più o meno alcuni valori e l'assicurazione che i parlamentari non cambino maggioranze, determinando stravolgimenti dell'esito delle elezioni. Un principio di cui non si può non tener conto. A maggior ragione con l'attuale legge elettorale, che non consente l'elezione di individui ma di partiti, e con una grande instabilità che attanaglia il nostro sistema politico. 

Eppure c'è chi fa del rapporto stretto tra elettori ed eletti una propria bandiera. Il Movimento Cinque Stelle insiste molto sulla questione, al punto da vincolare i propri parlamentari all'impegno preso durante le elezioni e da chiedere la revisione dell'articolo 67. Quanto attualmente si muova all'interno delle regole stabilite dalla costituzione è difficile dirlo, ma rimane pur sempre dentro al gioco democratico. 

La recente polemica sul voto segreto o palese sulla decadenza del senatore Berlusconi, dopo la sentenza definitiva di condanna penale, ha riaperto in qualche modo la questione, in quanto ha evidenziato la delicatezza del rapporto triangolare tra partito d'appartenenza, singolo parlamentare e cittadino/elettore. I Cinquestelle hanno chiesto con forza il voto palese, mettendo in discussione una prassi più o meno consolidata quale il voto segreto, paragonato dai più a quello delle urne. Ma siamo sicuri che sia proprio la stessa cosa?

02 novembre 2013

Sabato in Poesia: "La spiaggia" di Vittorio Sereni

La poesia è tratta dalla raccolta Gli strumenti umani del 1963. Il poeta affronta una tematica piuttosto incresciosa come la morte. I morti sono infatti i protagonisti di questo breve componimento prosastico di 15 versi e rappresentano ciò che è dileguato, sparito, terminato, attraverso la metafora degli amici partiti dalla spiaggia. Questo è vero solo in apparenza però, perché proprio i morti sono in grado di trasformarsi, in relazione a chi riesce a penetrare nel loro mondo, in orme, chiazze di luce ed ombra che li rendono elementi rivelatori, tracce di luce, «segnali» di una presenza inesistente, evanescente, ma comunque percepibile. L'iniziale silenzio dei morti, a cui si fa rifermento a metà lirica, viene dunque lasciato da parte per affermare il futuro, anche se impreciso e non specificato nei contenuti, loro parlare, rivelatore forse di verità superiori.



Sono andati via tutti -
blaterava la voce dentro il ricevitore.
E poi, saputa: - Non torneranno più -.

Ma oggi
su questo tratto di spiaggia mai prima visitato
quelle toppe solari... Segnali
di loro che partiti non erano affatto?
E zitti quelli al tuo voltarti, come niente fosse.

I morti non è quel che di giorno
in giorno va sprecato, ma quelle
toppe di inesistenza, calce o cenere
pronte a farsi movimento e luce.
Non 
dubitare, - m'investe della sua forza il mare -
parleranno.

Vittorio Sereni

Vittorio Sereni (1913-1983) fu un poeta e scrittore italiano. Lombardo di nascita, lasciò la sua città, Luino, per trasferirsi a Brescia, all'età di dodici anni, a causa del lavoro del padre funzionario di dogana. Trasferitosi a Milano per frequentare l'università, si laureò nel 1936 con una tesi su Gozzano, che scatenò qualche polemica durante la seduta. A Milano conobbe alcuni poeti con cui strinse grande amicizia: Anceschi, Vigorelli, Sinisgalli, Gatto, Quasimodo. Con lo scoppio della guerra venne chiamato alle armi, mentre insegnava italiano e latino in un liceo di Modena. Il 24 luglio '43 fu catturato a Paceco, vicino Trapani, e trascorse due anni di prigionia in Algeria e nel Marocco francese, per essere liberato a guerra finita. Nel 1952 lasciò l'insegnamento per dedicarsi al mondo dell'editoria: entrò nell'ufficio stampa della Pirelli, dove rimase fino al 1958. Nello stesso anno divenne direttore letterario della casa editrice Mondadori dove restò fino al 1975 e da '62 al '64 fu direttore editoriale della rivista Questo e altro. Nel 1972 gli venne conferito il premio dell'Accademia dei Lincei. Trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita in giro per il mondo e nel 1981 uscirono le sue traduzioni di classici e contemporanei americani e francesi, che gli valsero, l'anno dopo, il Premio Bagutta. Sempre nell''82 vinse il Premio Viareggio per la poesia e si spense il 10 febbraio dell'anno successivo a causa di aneurisma improvviso.
Opere di Sereni: Frontiera (poesie 1941), Diario d'Algeria (poesie 1947), Una polvere d'anni di Milano (poesie 1954), Non sanno d'essere morti (poesie 1955), Frammenti di una sconfitta - Diario bolognese (poesie 1957), Gli immediati dintorni (prosa 1962), Appuntamento a ora insolita (poesie 1964), L'opzione (prosa 1964), Gli strumenti umani (poesie 1965), Lavori in corso (poesie 1965), Dodici poesie (poesie 1966), La guerra girata altrove (poesie 1969), Ventisei (prosa 1970), Addio Lugano bella (poesie 1971), Da tanto mare (poesie 1971), Sei poesie (poesie 1972), Poesie scelte (1935-1965) (poesie 1973), Torno sabato sera (poesie 1973), Letture preliminari (prosa 1973), Un posto di vacanza (poesie 1974), A Venezia con Biasion (poesie 1975), Tre poesie per Niccolò Gallo (poesie 1977), Nell'estate padana (poesie 1978), Rapsodia breve (poesie 1979), Stella variabile (poesie 1979), La traversata di Milano (prosa 1980), Il sabato tedesco (prosa 1983), Gli immediati dintorni primi e secondi (prosa 1983), Senza l'onore delle armi (prosa 1986), Tutte le poesie (1986), Poesie. Un'antologia per la scuola (1993), Poesie (1995), Sentieri di gloria (prosa 1995), La tentazione della prosa (prosa 1998), Viaggio in Cina (prosa 2004). Oltre ad una gran mole di lettere e carteggi vari, le fatiche letterarie di Sereni si compongono anche di una ricca serie di traduzioni di scrittori e poeti francesi e americani, quali Julien Gerren, Paul Valéry, William Carlos Williams, René Char, Guillaume Apollinaire.