21 febbraio 2013

Genealogia della bugia all'italiana

di Roberto Marino


Sembra che l'italiano non riesca a fare a meno di mentire. E' una sorta di deformazione culturale, una non ben precisata distorsione che appartiene al carattere storico-sociale dell'italiano. L'affaire Giannino - che coinvolge il giornalista e candidato premier per il movimento Fare per fermare il declino in uno scivolone su presunti titoli accademici che gli avrebbero e si sarebbe attribuito - dimostra che l'italiano non riesce a fare a meno di dire bugie, anche quando questo rischia di mettere a repentaglio ciò che di buono è riuscito a costruire.

Si potrebbe tentare di ricostruire una breve genealogia della tendenza dell'italiano a modificare la realtà - forse però in questo caso si dovrebbe parlare più di trasfigurazione - e allora si potrebbe trovarne l'origine nella creatività dell'uomo italiano, nella sua voglia di trasgressione, di evasione, nella sua vanagloria ancestrale. Qualcuno con orgoglio - anche se non è un bel ricordo per la nostra nazione - definiva gli italiani "popolo di poeti e navigatori", guarda caso figure che sono entrambe legate strutturalmente al dire bugie. Il poeta è un trasfiguratore di quella che considera una gretta realtà, mentre si dice che il navigatore, il marinaio - non me ne vogliano gli impiegati nel settore - siano mentitori par excellence. Io aggiungerei anche che l'italiano è seduttore e che per raggiungere il suo obiettivo (affascinare, convincere, sedurre appunto) utilizza in particolar modo l'arma dell'ampliare la realtà.


C'è da dire però che nel caso specifico di Oscar Giannino, il giornalista e candidato premier ha saputo gestire l'incidente con onestà e coerenza. Nonostante sia stato preso - come egli stesso ha spiegato ieri sera alla trasmissione Le invasioni barbariche - da una sorta di desiderio di rivalsa per non aver conseguito un titolo accademico accumulatosi nel tempo, che poi si è trasformato in un non più controllabile atteggiamento divertito di "scherno" nei confronti di dotti ed eruditi, è stato in grado di fare un passo indietro. Ha deciso di abbandonare la presidenza del partito da lui stesso co-fondato insieme alla collaborazione di illustri rappresentanti del mondo della cultura, della ricerca e delle professioni, e di rinunciare al seggio in parlamento. Giannino ha sicuramente dato una buona lezione di stile e coerenza a tutti coloro che ricoprono un ruolo di responsabilità (politica in testa) e, venendo scoperti in fallo, si abbarbicano strenuamente al loro posto, ruolo, incarico. Però...


C'è un "però" che bisogna analizzare e non è di poco conto. E' vero che bisogna distinguere la vita privata dalla vita pubblica e di conseguenza l'uso che si fa di alcune cose in entrambe le dimensioni, tuttavia un personaggio che decide di entrare a far parte della vita pubblica è tenuto ad un rispetto del buon gusto e della propria immagine molto di più rispetto a chi resta nell'anonimato. E' come se si verificasse il fenomeno dei vasi comunicanti, in cui vita pubblica e privata, se proprio non si sovrappongono, tendono a travasare l'una nell'altra. E' quasi inevitabile che avvenga. E di questo bisogna tenere conto.


L'incidente verificatosi non mette in discussione le buone idee del movimento, che restano tali, tuttavia la credibilità, non solo del suo leader ma anche dell'intero schieramento, rischia di essere messa in discussione. Perché dunque - ci si domanda - è accaduto tutto questo? Tutte le possibili spiegazioni, analisi, giustificazioni - date anche dal diretto interessato - convincono difficilmente e lasciano comunque, per forza di cosa, qualche ombra sulla vicenda. Anche perché Giannino vanta un curriculum esperienziale e professionale - magari non ricco di titoli accademici ufficiali, ma sicuramente di cultura, conoscenze e di impegno nel mondo del giornalismo e della politica - di tutto rispetto.


E allora? E allora si ritorna al principio. L'uomo, l'italiano in particolare, è un po' leggero, non sempre attento e preciso, vanaglorioso.

2 commenti :

  1. Concordo in larga parte col pensiero espresso nel tuo articolo, tuttavia non ritengo che il caso Giannino possa rientrare nella consueta, e ahimè tutta italiana, abitudine a "spararla grossa" per accaparrarsi i favori della platea votante. Le menzogne sventolate dal leader di Fare per fermare il declino sono, seppur gravi, nulla a confronto con le fandonie che siamo costretti ad ascoltare e a pagare (e sottolineo pagare) noi normali, anzi ormai eccezionali cittadini contribuenti italiani. Il valore della sua preparazione su temi di natura tecnico-economica -- peraltro certificata da pezzi da novanta delle migliori accademie al mondo -- non credo potesse prima e non possa ancora oggi essere messa in discussione dalla mancanza di un titolo accademico. Fin da subito sono stato portato a credere -- e l'intervista alla trasmissione di Daria Bignardi pare avermelo confermato -- che la sua sia stata una bugia portata avanti negli anni "coerentemente" con quanto sempre dichiarato nei suoi cv per ragioni personali più strettamente riconducibili a quelle della sua famiglia, evidentemente all'oscuro dei fatti, ma anche per la consapevolezza che troppo spesso si viene giudicati, nel bene o nel male, per un'etichetta o un pezzo di carta. Il politico Giannino, almeno per questa tornata elettorale, è fuori dai giochi. In ogni caso rimane da parte mia l'apprezzamento, come dicevi tu, per come ha (hanno) gestito il caso.
    Un plauso lo merita anche il j'accuse di Zingales che da persona corretta (anche se c'è da dire più di altri interessata all'episodio), una volta appurata la non veridicità di quanto affermato dal Giannino uomo, ha preso immediatamente le distanze dal Giannino politico dimettendosi dal partito, evidenziando la mancanza dei requisiti di onestà e trasparenza necessari a chi si presenta di fronte ai cittadini per essere scelto come loro rappresentante.
    Ce ne fossero in Italia di Giannino che fanno i mea culpa e di Zingales che denunciano le scorrettezze!

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  2. Sono d'accordo, Tommaso. Col mio articolo, ho voluto soltanto registrare, in modo provocatorio, una realtà che purtroppo si verifica in Italia, ma non soltanto in campagna elettorale, bensì come costume italiano in genere.
    Per quanto riguarda il caso Giannino, dico esplicitamente che è stata data una lezione di stile e di correttezza di comportamento quella di ritirarsi non solo dalla presidenza del movimento e da ogni eventuale e futuro incarico parlamentare, ma anche dalla prosecuzione della campagna elettorale. Indiscusse rimangono ovviamente le capacità, competenze, conoscenze del giornalista. Avrei preferito che non si fosse verificato un caso del genere, questo mi sento in dovere di dirlo.
    Ho apprezzato tantissimo anche il j'accuse di Zingales, che ha dimostrato amore per la verità e la correttezza piuttosto che una anteposta difesa interessata di partito. "Una anomalia" del panorama politico e culturale italiano.
    Al netto di quanto accaduto, le idee, la trasparenza, le ottime analisi dei problemi, le buone soluzioni che il movimento e i suoi membri portano avanti non possono che restare.

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