Quando traverso la città la notte fa parte della seconda raccolta poetica di Sbarbaro, Pianissimo. Balza immediatamente agli occhi il piglio realistico del poeta, che descrive l'esperienza di un vagabondare notturno come mezzo per cogliere la parte più profonda della propria vita. Attraverso varie scene di vita degradata, che ritraggono presenze misere, l'odierno e piccolo Dante compie un modesto viaggio in un inferno moderno e ha l'occasione di confrontarsi con la propria solitudine e il proprio vuoto interiore. Uscendo dalla propria individualità e dichiarando di essere attratto dalla bassezza sociale e morale che soltanto una esperienza tanto "estrema" quanto quotidiana può rivelare, il poeta scopre i dettagli e le complete profondità della vita dell'uomo. Ed è proprio una tale esperienza a rappresentare, pur nella continuazione del cammino che va oltre, l'occasione per cogliere la diversità con la propria vita, che genera smarrimento, timore, ansia. Se da un lato tutto questo genera follia, dall'altra parte è anche strumento di liberazione.
METRO: endecasillabo con le eccezioni di un settenario al v. 16 e di un bisillabo al v. 25. Sono anche presenti delle irregolarità come alcune dieresi inconsuete (ai versi 5 e 22) e una serie di dialefe al v. 7.
Quando traverso la città la notte
io vivo la mia vita più profonda.
Persiane silenziose illuminate!
Finestra buia aperta nella notte!
Negli atrii di pietra voce d'acqua!
Tra le bestie squartate lumicino
alla madonna! Ombre umane informi
dietro i vetri nebbiosi dei caffè!
Mi trasformo nel cieco crocicchio
che suona ritto gli occhi vaghi al cielo.
Voluttà d'esser solo ad ascoltarmi!
Udire nella mia notte per ore
avvicinarsi e dileguare i passi!
Essere la puttana che sussurra
la parola al passante che va oltre!
la vecchia della porta
che s'attacca pel soldo della grappa
al militare ch'esce nauseato!
E voluttà di scendere più basso!
Rasentando le case cautamente
io sento dietro le pareti sorde
le generazioni respirare.
E so l'ostilità di certe vie
tozze,
la paura di certe piazze vuote...
E forse ignaro m'incammino verso
- oh mia liberazione! - la Follìa.
Camillo Sbarbaro
Camillo Sbarbaro, poeta e scrittore, (1888-1967) nacque a Santa Margherita Ligure il 12 gennaio. Molto legato al padre Carlo, a cui dedicherà due poesie nella raccolta Pianissimo, perse la madre all'età di soli 5 anni. Nel 1910 cominciò a lavorare presso l'industria siderurgica di Savona. Il suo esordio letterario si ebbe nel 1911 con la pubblicazione della raccolta Resine. Nel '14, conobbe a Firenze Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Dino Campana, Ottone Rosai e altri artisti e letterati raccolti attorno alla rivista La Voce. In occasione dello scoppio della Grande Guerra, abbandonò il lavoro per arruolarsi come volontario nella Croce Rossa Italiana e nel luglio del 1917, richiamato alle armi, partì per il fronte. A guerra terminata, rientrò a Genova e cominciò ad impartire lezioni di greco e latino per vivere, appassionandosi allo studio della botanica e alla raccolta dei licheni. Dal '21 iniziò la sua collaborazione con la Gazzetta di Genova e 6 anni più tardi ottenne l'incarico di insegnante di greco e latino presso l'Istituto Arlecco di Genova dei padri Gesuiti, che fu costretto a lasciare perché riufiutatosi di tesserarsi al Partito Fascista. Nel 1933 cominciò a collaborare con la Gazzetta del Popolo di Torino e, in seguito al bombardamento navale di Genova del 9 febbraio '41, si trasferì a Spotorno, dove rimase fino al 1945, dando inizio ad un intenso lavoro di traduzione di classici greci e francesi. Le sue fatiche letterarie gli valsero nel '49 il premio letterario Saint-Vincent e il premio Etna-Taormina nel 1955. Nel 1961 conobbe Arrigo Bugiani e iniziò con lui una collaborazione ai Libretti di Mal'aria. Morì il 31 ottobre 1967 all'Ospedale S. Paolo di Savona.
Tra le opere di Sbarbaro ricordiamo: Resine (poesie 1911), Pianissimo (poesie 1914), Trucioli (prosa 1920), Liquidazione (prosa 1928), seconda serie di Trucioli (prosa 1948), Rimanenze (poesie 1955), Fuochi fatui (prosa 1956), Primizie (poesie 1958), Scampoli (prosa 1960), Gocce (prosa 1963), Autoritratto (involontario) di Elena De Bosis Vivante da sue lettere (prosa 1963), Il "nostro" e nuove Gocce (prosa 1964), Contagocce (prosa 1965), Cartoline in franchigia (prosa 1966), Quisquilie (prosa 1967). Sono stati pubblicati postumi: Una goccia rimasta fuori dal contagocce (prosa 1977), La trama delle lucciole: lettere ad Angelo Barile (1919-1937) (prosa 1979), Poesia e prosa (prosa 1979), Carlo Barile, ho letto Primasera (prosa 1981), Il primo vagito (prosa 1981), Dediche a Barile (prosa 1983), L'opera in versi e in prosa (prosa 1985), «Trucioli» dispersi (prosa 1986), Il paradiso dei licheni: lettere a Elio Fiore (1960-1966) (prosa 1991), Camillo Sbarbaro: la Liguria, il mondo (prosa 1997), Senza rumor di parole (antologia di versi e prosa 1997), trucioli di Liguria (antologia di scritti 2002), Il bisavolo: lettere a Tilde Carbone Rossi (1940-1967) (prosa 2003), Cara Giovanna: lettere di Camillo Sbarbaro a Giovanna Bemporad (1952-1964) (prosa 2004), Lettere ad Adriano Guerrini (1954-1967) (prosa 2009). Si ricorda inoltre una grande quantità di traduzioni di classici, che va da Euripide ad Eschilo e Sofocle, da Stendhal a Balzac, da Flaudert a Maupassant e Huysmans fino a Zola e il Pascoli latino.
Tra le opere di Sbarbaro ricordiamo: Resine (poesie 1911), Pianissimo (poesie 1914), Trucioli (prosa 1920), Liquidazione (prosa 1928), seconda serie di Trucioli (prosa 1948), Rimanenze (poesie 1955), Fuochi fatui (prosa 1956), Primizie (poesie 1958), Scampoli (prosa 1960), Gocce (prosa 1963), Autoritratto (involontario) di Elena De Bosis Vivante da sue lettere (prosa 1963), Il "nostro" e nuove Gocce (prosa 1964), Contagocce (prosa 1965), Cartoline in franchigia (prosa 1966), Quisquilie (prosa 1967). Sono stati pubblicati postumi: Una goccia rimasta fuori dal contagocce (prosa 1977), La trama delle lucciole: lettere ad Angelo Barile (1919-1937) (prosa 1979), Poesia e prosa (prosa 1979), Carlo Barile, ho letto Primasera (prosa 1981), Il primo vagito (prosa 1981), Dediche a Barile (prosa 1983), L'opera in versi e in prosa (prosa 1985), «Trucioli» dispersi (prosa 1986), Il paradiso dei licheni: lettere a Elio Fiore (1960-1966) (prosa 1991), Camillo Sbarbaro: la Liguria, il mondo (prosa 1997), Senza rumor di parole (antologia di versi e prosa 1997), trucioli di Liguria (antologia di scritti 2002), Il bisavolo: lettere a Tilde Carbone Rossi (1940-1967) (prosa 2003), Cara Giovanna: lettere di Camillo Sbarbaro a Giovanna Bemporad (1952-1964) (prosa 2004), Lettere ad Adriano Guerrini (1954-1967) (prosa 2009). Si ricorda inoltre una grande quantità di traduzioni di classici, che va da Euripide ad Eschilo e Sofocle, da Stendhal a Balzac, da Flaudert a Maupassant e Huysmans fino a Zola e il Pascoli latino.
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