11 ottobre 2013

L'immigrazione clandestina non è più reato

di Roberto Marino

Ci sono questioni e problemi che vengono fuori o vengono rispolverati soltanto quando accade una tragedia. E' avvenuto qualche giorno fa nei confronti del problema immigrazione. Casus belli: il naufragio nelle acque di Lampedusa del barcone con 500 migranti a bordo, la maggior parte dei quali morti o ancora dispersi in mare.

Nei giorni scorsi sono state versate tante lacrime, provate molte emozioni, fatte diverse riflessioni. Ma anche sprecate tante polemiche e lanciate molte accuse. Protagonisti i cittadini lampedusani, semplici comparse occasionali del dibattito nazionale dell'opinione pubblica, e ovviamente la politica, sempre più simile a prezzemolina televisiva che venderebbe l'anima al diavolo - pardon, già fatto - pur di dire la propria, piuttosto a che organo di uno stato che fornisce strumenti concreti in grado di governare un Paese.

Avantieri mattina, si è anche vista la grande assente di sempre, l'Unione europea, manifestatasi nelle persone del Presidente della Commissione, Barroso, e del Commissario per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, duramente contestati proprio dagli abitanti della graziosa ma sfortunata isoletta siciliana.

Ancora più recente è invece la buccia di banana legislativa che ha fatto scivolare nell'agone dello scontro politico-mediatico la decisione della Commissione Giustizia del Senato di depennare, su proposta dei senatori del M5S Maurizio Buccarella e Andrea Cioffi, l'articolo 10 bis della legge Bossi-Fini che riguarda il reato di clandestinità, introdotto dal pacchetto sicurezza del 2009 a firma Alfano-Maroni. Questo significa che, dal momento che il Senato ha deciso di approvare l'emendamento, chiunque si introdurrà nel nostro Paese senza chiedere i dovuti permessi sarà sottoposto soltanto a provvedimenti di carattere amministrativo ed alle eventuali sanzioni previste. Rimarrà comunque immutato l'articolo che regola il riconoscimento e l'espulsione di chi entra abusivamente in Italia.

L'evento ha dato immediatamente adito a scontri e micro scontri. Scontri e polemiche di parte, portati avanti dai diversi schieramenti politici - Lega dichiaratamente e compattamente contraria al provvedimento, Pd favorevole, Pdl diviso -; scontri e polemiche interne, come quella che coinvolto il Movimento 5 Stelle. I vertici del Movimento, Grillo e Casaleggio, hanno smentito i propri parlamentari membri della commissione che hanno proposto e votato favorevolmente la cancellazione del reato. Il comico ha dichiarato: «La loro posizione in Commissione è del tutto personale, non faceva parte del programma. Non siamo d'accordo sia nel metodo che nel merito».

Negli ultimi anni, la politica europea in materia di immigrazione si è interamente raccolta attorno all'Agenzia per l'emigrazione e la gestione delle frontiere, denominata Frontex. Le varie missioni che l'agenzia ha finanziato e sostenuto avevano come obiettivo il monitoraggio delle coste attraverso una grande quantità di mezzi tecnici, militari e risorse umane - il tutto cresciuto nel 2011, in termini di finanziamenti, e arrivato a circa 88 milioni di euro - che ha rivelato però diverse criticità. 

Quando si lega il nome di Europa a quello di immigrazione, si parla generalmente di grande mancanza, proprio perché Frontex, oltre ad un grande sforzo finanziario, non ha fatto poi molto. E' mancata, nel corso degli otto anni in cui è stata in funzione, l'incisività nella risoluzione del problema a monte. I programmi elaborati dall'ente avrebbero dovuto essere indirizzati verso una collaborazione più stretta con i Paesi ponte del Mediterraneo come Libia, Egitto, Marocco, Tunisia, Siria, attraverso l'uso della propria forza contrattuale e diplomatica. Cose che evidentemente l'Europa non possiede ancora. 

Prima però di suonare la campana a morto di Frontex, è bene riportare qualche dato che mostri l'andamento dell'immigrazione prima e dopo la sua nascita. Un rapporto del Centro Studi e Ricerche Idos fa sapere che nel 2010 sono stati registrati 4201 respingimenti alle frontiere e 16086 rimpatri forzati rispetto alle 50717 persone rintracciate in posizione irregolare. Nello stesso 2010 - continua ancora lo studio - gli sbarchi sono diminuiti a 4406 (contro i 36951 del 2008 e 9573 del 2009), ma sono saliti a circa 60 mila nel 2011 a causa degli sconvolgimenti politico-militari verificatisi nel Nord Africa. Per quanto riguarda gli anni precedenti, l'istituto EMN Punto Nazionale di Contatto, in collaborazione con Idos e il Ministero dell'Interno, nel "Rapporto annuale sulle statistiche in materia di immigrazione e asilo" rende noto che, dopo una crescita delle persone rintracciate in posizione irregolare in Italia dal 1997 (circa 57 mila) al 2002 (circa 93 mila), si è passati dalle circa 60 mila unità del 2003 alle 92 mila del 2006, per ridiscendere a quota 54 mila nell'anno successivo. Se si prendono poi in considerazione i dati che riguardano lo storico delle espulsioni a partire dal '97 fino al 2007, si nota che queste hanno raggiunto il picco massimo nel 2002 con ben 33411, per ridiscendere gradualmente fino alle 8771 del 2007, valore praticamente simile a quello di dieci anni prima. Allo stesso modo, i respingimenti alle frontiere sono calati dai quasi 40 mila del 1997 ai soli 9400 del 2007. Per quanto concerne infine le immigrazioni totali, l'Istat dice che nel 2003 sono state 425 mila circa, scese a 254 mila nel 2006, per risalire vertiginosamente a 496 mila nel 2008. 

Tornando alla debolezza europea, la Malmström ha seccamente respinto il problema, dicendo che: «L'Ue è impegnata da anni nella risposta europea ai flussi migratori e alla richieste di asilo» e che: «Piuttosto sono i governi degli Stati membri a non collaborare, «volendo mantenere una propria sovranità in materia di immigrazione». Ciò che risulta però è che manchino accordi internazionali, se si esclude quello con la Turchia, tra l'Europa e gli stati fortemente interessati dal fenomeno dell'emigrazione. Per il resto, esistono soltanto accordi tra i singoli stati, vedi quello Italia-Libia del 2008 confermato poi dal governo dell'era post Gheddafi. E' proprio qui che l'Europa ha fallito, così come Frontex non è riuscita ad operare in contesti che andassero al di là di quelli europei. L'unica politica possibile è stata dunque quella tampone della linea dura, portata avanti dai singoli Paesi europei. Ognuno per sé e Dio per tutti.

C'è chi condanna, e sono tanti, l'asprezza, se non la disumanità, della legge che prevedeva l'illecito di natura penale, rea di aggravare la situazione già fortemente disagiata dei migranti. Certo, la linea dura non li aiuta, tuttavia non è con l'accoglienza indiscriminata che si risolve un problema che sta diventando ingestibile. L'eliminazione di forti deterrenti all'approdo in Italia, spesso testa di ponte per il raggiungimento dei Paesi del nord Europa, rischia di spalancare le frontiere e di accentuare i fenomeni di sfruttamento da parte di criminali senza scrupoli, contribuendo al verificarsi di tragedie del mare. Del resto, le politiche degli altri Paesi d'Europa in materia d'immigrazione, in particolare di quelli più evoluti del Nord, vanno nella stessa direzione rigida sia per quel che riguarda le espulsioni, che per l'acquisizione del diritto di permanenza. 

Il pragmatismo politico insegna almeno due cose: che non bisogna confondere gli Stati con le persone e che fino a quando non ci saranno logiche comuni si potrà soltanto procedere con i mezzi disponibili. Si ritorna così al sempre nuovo sempre vecchio problema del superamento delle logiche nazionali in vista di una Europa vera e una. Per adesso, più sogno che realtà. Sarebbe un peccato però se svanisse al risveglio.

0 commenti :

Posta un commento