Canzone dei dodici mesi è tratta dall'album Radici, di Francesco Guccini, registrato in studio nella primavera del 1972 e pubblicato nello stesso anno. Il disco si occupa del tema delle origini, della riscoperta dell'elemento ancestrale, del passato della vita dell'uomo (temi che ricordano molto l'universo letterario di Pavese), a metà strada tra la dimensione sociale, comunitaria e quella del ricordo più strettamente autobiografico. Il testo qui proposto è un inno laico, un canto celebrativo, in stile classicheggiante e quasi pagano, nei confronti dell'avvicendarsi dei mesi e delle stagioni dell'anno. L'autore si serve della figura retorica della prosopopea per rappresentare, nel modo più vicino e comprensibile all'uomo, l'incedere del tempo e rendere possibile la sua identificazione con la realtà panica. Lo schema circolare della cultura antica, bucolica e pre-razionalistica, diventa dunque strumento efficace per descrivere il mondo della natura, fatto di ciclici ritorni. Accanto alla dimensione culturale passata, non manca l'accostamento di uno sguardo contemporaneo alla vita dell'uomo moderno, fatta di abitudinarietà, velocità, ma anche di incertezza e cambiamento.
Viene Gennaio silenzioso e lieve,
un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve
il mio corpo malato,
il mio corpo malato.
Sono distese lungo la pianura
bianche file di campi,
son come amanti dopo l'avventura
neri alberi stanchi,
neri alberi stanchi.
Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino,
ma nei convitti e in piazza
lascia i dolori e vesti da Arlecchino,
il carnevale impazza,
il carnevale impazza.
L'inverno è lungo ancora,
ma nel cuore appare la speranza
nei primi giorni di malato sole
la primavera danza,
la primavera danza.
Cantando Marzo porta le sue piogge,
la nebbia squarcia il velo,
porta la neve sciolta nelle rogge
il riso del disgelo,
il riso del disgelo.
Riempi il bicchiere e con l'inverno
butta la penitenza vana,
l'ala del tempo batte troppo in fretta,
la guardi, è già lontana,
la guardi, è già lontana.
O giorni, o mesi, che andate sempre via;
sempre simile a voi è questa vita mia;
diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi al sonno dedicati
il dolce Aprile viene,
quali segreti scoprì in te il poeta
che ti chiamò crudele,
che ti chiamò crudele?
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi
dopo fatto l'amore,
come la terra dorme nella notte
dopo un giorno di sole,
dopo un giorno di sole.
Ben venga Maggio e il gonfalone amico,
ben venga primavera,
il nuovo amore getti via l'antico
nell'ombra della sera,
nell'ombra della sera;
ben venga Maggio, ben venga la rosa
che è dei poeti il fiore,
mentre la canto con la mia chitarra
brindo a Cenne e a Folgore,
brindo a Cenne e a Folgore.
Giugno, che sei maturità dell'anno,
di te ringrazio Dio:
in un tuo giorno, sotto al sole caldo,
ci sono nato io,
ci sono nato io;
e con le messi che hai fra le tue mani
ci porti il tuo tesoro,
con le tue spighe doni all'uomo il pane,
alle femmine l'oro,
alle femmine l'oro.
O giorni, o mesi, che andate sempre via;
sempre simile a voi è questa vita mia;
diverso tutti gli anni ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi di colori chiari
ecco Luglio il leone,
riposa e bevi e il mondo attorno appare
come in una visione,
come in una visione.
Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore,
mai come adesso è bello inebriarsi
di vino e di calore,
di vino e di calore.
Settembre è il mese del ripensamento
sugli anni e sull' età,
dopo l'estate porta il dono usato
della perplessità,
della perplessità.
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco
della tua identità,
come scintille brucian nel tuo fuoco
le possibilità,
le possibilità.
Non so se tutti hanno capito Ottobre
la tua grande bellezza,
nei tini grassi come pance piene
prepari mosto e ebbrezza,
prepari mosto e ebbrezza.
Lungo i miei monti, come uccelli tristi
fuggono nubi pazze, lungo i miei monti
colorati in rame
fumano nubi basse,
fumano nubi basse.
O giorni, o mesi, che andate sempre via;
sempre simile a voi è questa vita mia;
diverso tutti gli anni ma tutti gli anni uguale
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
che non sai mai giocare.
Cala Novembre, e le inquietanti nebbie
gravi coprono gli orti,
lungo i giardini consacrati al pianto
si festeggiano i morti,
si festeggiano i morti.
Cade la pioggia, ed il tuo viso bagna
di gocce di rugiada,
te pure, un giorno, cambierà la sorte
in fango della strada,
in fango della strada.
E mi addormento come in un letargo Dicembre,
alle tue porte lungo i tuoi giorni
con la mente spargo
tristi semi di morte,
tristi semi di morte.
Uomini e cose lasciano per terra
esili ombre pigre, ma nei tuoi giorni
dai profeti detti nasce Cristo la tigre,
nasce Cristo la tigre.
O giorni, o mesi, che andate sempre via;
sempre simile a voi è questa vita mia;
diverso tutti gli anni ma tutti gli anni uguale
la mano di tarocchi che non sai mai giocare,
che non sai mai giocare.
Francesco Guccini
Francesco Guccini (1940 - vivente), cantautore e scrittore di libri gialli, nasce a Modena il 14 gennaio. A causa della guerra trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Pavana, piccola località di confine dell'Appennino Pistoiese a cui resterà sempre legato. Nel 1960 si trasferisce a Bologna, dove frequenta la facoltà di Magistero Lettere e, per due anni fa il cronista alla Gazzetta di Modena. Insegna per vent'anni lingua italiana al Dickinson College, scuola off-campus con sede a Bologna, dell'Università della Pennsylvania. Nel 1967, si ha il suo debutto come cantautore con la pubblicazione del suo primo disco, Folk Beat n.1, che apre la strada ad una fortunata e meritata carriera, ormai quarantennale, di cantautore. Nel 1989, Guccini fa il suo esordio nel mondo della letteratura con la pubblicazione del suo primo libro, Croniche epafaniche. Riceve numerosi premi e riconoscimenti, tra cui nel 2001 la laurea ad honorem in Scienze della Formazione dalle Università di Bologna - Modena e Reggio Emilia.
Le sue principali opere sono: Folk Beat n.1 (disco 1967), Due anni dopo (disco 1970), L'isola non trovata (disco 1970), Radici (disco 1972), Opera buffa (disco 1973), Stanze di vita quotidiana (disco 1974), Via Paolo Fabbri 43 (disco 1976), Amerigo (disco 1978), Guccini (disco 1983), Signora Bovary (disco 1987), Croniche epafaniche (libro 1989), Quello che non... (disco 1990), Parnassius Guccinii (disco 1993), Vacca d'un cane (libro 1993), Storie d'inverno (libro 1994), Novecento e Novecento: il tempo del lavoro, il tempo del riposo: storie e genti dell'Appennino modenese (libro 1995), D'amore di morte e di altre sciocchezze (disco 1996), La legge del bar e altre comiche (libro 1995), Macaroni. Romanzo di santi e delinquenti (libro 1997), Un disco dei Platters. Romanzo dei di un maresciallo e di una regina (libro 1998), Dizionario del dialetto di Pavana. Una comunità tra Pistoiese e Bolognese (libro 1998), Un altro giorno è andato (libro 1999), Stagioni (disco 2000), Questo sangue che impasta la terra (libro 2001), Storia di altre storie (libro 2001), Lo spirito e altri briganti (libro 2002), Il vecchio e il bambino (libro 2002), Cittanova Blues (libro 2003), Ritratti (disco 2004), L'uomo che reggeva il cielo (libro 2005), Icaro (libro 2008), L'ultima Thule (disco 2012).