Sabato in Poesia: "Vendemmia" di Marino Moretti
Vendemmia di Marino Moretti è una poesia tratta dalla raccolta Sentimento: pensieri, poesie...
Roma capitale d'Italia
Chissà quanti studenti ed ex studenti liceali si sono trovati a tradurre la famosissima frase del De Oratore...
L'origine della crisi finanziaria statunitense
La crisi che ha interessato i mercati finanziari dei paesi maggiormente sviluppati, e che gli esperti...
Così cinque anni fa cominciava la crisi...
"Era una notte buia e tempestosa...", questo è l'incipit dell'interminabile romanzo che Snoopy...
Sabato in Poesia: Estratto di "Beppo, racconto veneziano" (George Gordon Lord Byron)
Beppo è un poemetto satirico in ottave ariostesche (secondo lo schema metrico ABABABCC), attraverso il quale Byron affronta...
31 agosto 2013
Sabato in Poesia: "Elegia I, 17" (Elegia 17 tratta dal primo libro di elegie di Sesto Properzio)
27 agosto 2013
Occhio al Vintage!
In realtà, l'attrazione per ciò che appartiene ad un'altra epoca, lontana almeno vent'anni dalla propria - è questo il significato del termine - non spunta soltanto quest'anno come un fungo dopo qualche giorno di pioggia. Già da qualche tempo infatti si nota, nella nostra cultura, un certo atteggiamento nostalgico nei confronti del retrò, tuttavia ho notato, in questo periodo di vacanza, una certa accentuazione del fenomeno.
Cover band musicali di artisti o gruppi appartenenti a periodi storici ruggenti; note e parole di canzoni che hanno segnato epoche, formato giovani, diffuso idee e modelli comportamentali; stili di abbigliamento sbarazzini, che ripropongono (in cattività) la voglia di liberazione del corpo e dello spirito da gabbie di stoffa e concettuali, che non possono essere neppure un ricordo pallido nella memoria dei ragazzi d'oggi. Tutto questo abbiamo visto e continuiamo a vedere in giro per le strade, i locali, le discoteche, gli stabilimenti balneari, i mercatini, le fiere, le piazze delle piccole e grandi città italiane.
Visto il panorama culturale che ci circonda, è necessario almeno un tentativo di riflessione, giusto per capire cosa stia succedendo, che periodo stiamo vivendo. Ho l'impressione che ci troviamo, almeno in Italia, in un'epoca di stanchezza culturale, in cui manca quella forza propulsiva che ha caratterizzato periodi storici precedenti. E non è soltanto una convinzione razionale, ma anche la percezione di qualcosa che si avverte nell'aria.
Certo, in questi ultimi due decenni abbiamo conosciuto invenzioni, o in alcuni casi diffusioni su larga scala, di beni e servizi decisamente rivoluzionari come internet (utile per mille usi) e i social network che hanno modificato radicalmente il nostro modo di comunicare e di vivere in società. A parte questo però, non sembra che su altri fronti si possano riscontrare cambiamenti rivoluzionari, che consegneranno alla Storia la nostra epoca come un periodo di grande vitalità.
Eppure l'Italia è stata in passato la patria della modernità. Le grandi scoperte geografiche alla fine del Quattrocento, il Rinascimento nei primi decenni del Cinquecento, il Romanticismo a inizio Ottocento, la passione dei patrioti durante il XIX secolo e ancora la grande letteratura di Foscolo, Manzoni, Leopardi. Per il secolo appena trascorso, basterà citare l'esempio delle grandi rivoluzioni culturali degli anni '60-'70. Nuovi stili musicali, nuova tipologia di abbigliamento, nuovi ideali, valori, aspettative, stili di vita rispetto a quelli di una sola generazione precedente. Spesso d'importazione dai Paesi anglosassoni, ma comunque innovativi per il periodo. Persino nell'ambito socio-politico, in quegli anni, si sono teorizzate concezioni alternative rispetto ai modelli antitetici e unilaterali rappresentati dai regimi totalitari da una parte e dalle democrazie occidentali alle prese con qualche problema di coerenza interna dall'altra. E non era decisamente facile in un clima di trionfo delle ideologie, che si imponevano attraverso un'intensa opera di propaganda e di forte pressione mediatica!
Dopo di ciò ci siamo fermati. E' vero che è sempre molto facile cedere alla tentazione di criticare l'epoca in cui si vive, invece di cogliere ciò che c'è di positivo; soltanto gli uomini più lungimiranti sono in grado di leggere anche i piccoli segnali di cambiamento e trasformali in vere rivoluzioni. E' anche vero però che la situazione non lascia molto ben sperare. Ammetto di essere, probabilmente per indole, attratto dalla nostalgia del passato, ma preferirei avvertire nel mio tempo il profumo della Grande Storia e lasciare ai posteri la fortuna di assaporarne il gusto. Non voglio pensare che l'attuale generazione di uomini non abbia una propria spinta propulsiva in grado di portare in alto. Magari ci troviamo solamente in un periodo di transizione, uno dei tanti cicli storici che apre la strada ad un'epoca migliore; qualcosa di simile a ciò che avviene in economia e in demografia con i cicli di espansione e di contrazione.
Ciò detto, l'ammirazione per il passato va anche bene - in fondo c'è sempre stata nel corso della storia e spesso ha contribuito all'evoluzione - ciò che bisogna evitare è la caduta nel lassismo, che deriva da un atteggiamento di monumentalizzazione della storia e dei valori delle culture precedenti. E' necessario quindi cogliere lo spirito delle Opere delle generazioni che ci hanno preceduto e metterlo a frutto con coraggio e creatività. Nietzche e Winckelmann, seppure ciascuno a suo modo, lo avevano anticipato rispettivamente un secolo e mezzo e due secoli e mezzo fa. Una bella lezione proveniente dal passato!
24 agosto 2013
Sabato in Poesia: "Gabbiani" (Vincenzo Cardarelli)
17 agosto 2013
Sabato in Poesia: "Ballerina" (Corrado Govoni)
Classici da (A)mare: "Laelius de amicitia" di M. T. Cicerone
E' sulla base di questa concezione che viene costruito il dialogo - già a partire dal nome - in cui si affronta il problema dell'amicizia, nella sua versione romana, dalla prospettiva di Gaio Lelio, amico di Scipione l'Emiliano e console nel 140 a. C. L'opera è costruita su tre piani temporali diversi e racconta di un dialogo tenutosi nel 129 a. C., - anno della morte di Scipione - tra lo stesso Lelio, ancora triste per la morte del grande amico di una vita, e i suoi due generi Quinto Mucio Scevola e Gaio Fannio. Cicerone però apprende del dialogo tra i tre personaggi nell'88 a. C. quando, giovane apprendista avvocato, viene inviato dal padre nella casa di Scevola, per imparare l'arte retorica e completare i propri studi giuridici. L'anno della stesura dell'opera è invece il 44 a. C. , poco dopo le Idi di marzo e dunque la morte di Cesare.
L'alternanza di piani temporali diversi permette all'autore di affiancare il proprio discorso teorico a validi esempi concreti, tratti dalla vita politica e sociale del proprio tempo, per imbastire così un discorso di carattere politico, culturale, filosofico, sociale, racchiuso dal termine "amicizia". Nella cultura romana infatti il concetto di amicizia è decisamente più vasto che nella nostra. Indica non soltanto un rapporto affettivo tra due persone, ma anche una comune appartenenza politica, culturale e sociale, una visione del mondo similare, valori morali e comportamenti pubblici affini.
Proprio per questo suo carattere così vasto, l'amicizia a Roma, in particolar modo tra individui appartenenti a classi sociali elevate, era diventata strumento di affermazione personale in ambito politico ed economico. In questo modo però, il valore del mos maiorum - l'antico patrimonio di valori, di cui Cicerone si professa strenuo difensore - era stato tradito e la cultura romana aveva subito un degrado difficilmente sanabile. Degrado che aveva trasformato il nobile sentimento di amicizia in occasione da sfruttare strumentalmente per i propri scopi e che si era concretizzato nell'epoca delle lotte tra Mario e Silla, tra Cesare e Pompeo, tra aristocratici, equites e popolari.
Dentro questo semplice libello c'è tutta la critica della società del tempo - fatta sapientemente da chi conosce e maneggia molto bene l'arte della parola - così come si trova la nostalgia per quelli che oggi chiameremmo "i bei tempi andati". Bei tempi ormai andati anche per il sopraggiungere a Roma di concezioni culturali provenienti dalla Grecia, che hanno inquinato l'antico costume romano diffondendo i valori della mollezza morale, della cupidigia, del desiderio di beni terreni e del soddisfacimento di piaceri. Ecco dunque che l'analisi del concetto di amicizia non può fare a meno di passare attraverso l'accenno alle concezioni filosofiche greche ormai note a Roma.
Epicureismo e stoicismo sono le dottrine filosofiche greche più diffuse a Roma. Cicerone le spiega attraverso la cartina di tornasole del concetto di amicizia e, seppure critica la concezione stoica dell'uomo superiore bastante a se stesso e che quindi non necessita dell'amico, alla fine finisce per essere molto più indulgente con la filosofia della Stoà che con l'epicureismo. Quest'ultimo individua nel piacere il principio che guida le azioni degli uomini e di conseguenza l'amicizia viene inquinata da ambizioni personali e desiderio di soddisfare i propri bisogni.
L'immagine di uomo e di amico che risalta da questa descrizione è quella di un individuo leale, onesto, sincero, non invadente, che rispetta la vita privata degli altri uomini, che non obbliga l'amico a compiere un illecito per essere favorito, che non lo accusa di tradimento qualora egli privilegi la propria moralità rispetto ad una versione depravata del sentimento di amicizia. Tutte virtù queste che appartenevano ai due amici per eccellenza, Lelio e Scipione.
Infine, Cicerone conclude con un consiglio, espresso da una metafora molto efficace. Mai scegliere un amico lasciandosi prendere da un entusiasmo eccessivo, perché si rischia di compiere scelte frettolose e sbagliate. Esattamente come si fa nelle corse di cavalli, è conveniente puntare su quelli che hanno già dato prova di capacità, piuttosto che su chi non ha ancora dimostrato ai nostri occhi il proprio valore. Un consiglio valido sempre, classico nel senso più antico e profondo del termine, non c'è che dire.
10 agosto 2013
Sabato in Poesia: "Meriggiare pallido e assorto" (Eugenio Montale)
03 agosto 2013
Sabato in Poesia: "Il Trionfo di Bacco e Arianna" (Lorenzo de' Medici)
01 agosto 2013
Un papa in carne ed ossa
Certo, su alcune questioni come la possibilità che la Chiesa accetti il sacerdozio femminile il Papa è stato perentorio nel ribadire il suo secco no. Alla domanda di una giornalista brasiliana, Ana Fereira, sulla questione Bergoglio ha risposto che la Chiesa non prende in considerazione nel modo più assoluto la possibilità di ordinazione femminile - citando sul tema Giovanni Paolo II - tuttavia ha cercato di lasciare intravedere qualche spiraglio, parlando della necessità di aprire riflessione teologica sul ruolo della donna all'interno della cattolicesimo.
Vedremo come proseguirà il percorso di papa Francesco e se saprà essere all'altezza del grande compito di cambiamento che lo aspetta e di fronte al quale sembra avere raccolto la sfida. In agenda, ci sono questioni di grande importanza come la riforma della curia romana, l'emorragia della fede nei Paesi sudamericani (il viaggio in Brasile in occasione della GMG è stato molto strategico da questo punto di vista), il problema spinoso dello Ior. Il lavoro preliminare per adesso è stato soddisfacente. Il compromesso tra modernità e custodia dei valori antichi, che questo papa incarna, sta funzionando, così come sta funzionando la sua straordinaria efficacia comunicativa. Per il resto, c'è ancora tempo, in fondo è successore di Pietro da soli quattro mesi.