Beppo è un poemetto satirico in ottave ariostesche (secondo lo schema metrico ABABABCC), attraverso il quale Byron affronta tematiche d'avanguardia, quali la critica polemica al conformismo e perbenismo culturali, religiosi, morali. In questo estratto, il poeta compie un bel ritratto dell'Italia, da cui svetta il paragone con la sua ingrata - ma comunque amata - Inghilterra, che egli dovette abbandonare nel 1816. In particolare, emerge la sua profonda attrazione per la sensuale bellezza femminile, immortalata da sempre da artisti, poeti e scrittori.
Confesso che - nonostante i peccati
degli abitanti - l'Italia è per me
delizioso soggiorno: amo vedere
il sole d'ogni giorno, amo le vigne
che invece d'esser puntellate a un muro
s'avvolgono sugli alberi e si stendono
dall'una all'altra, cadendo in ghirlande
come decorazioni d'una scena
grande o leggera che la scena attrae
se il primo atto termina in balletti
frammezzo a un paesaggio ricopiato
da vigneti francesi a meridione.
In autunno mi piace verso sera
uscirmene a cavallo senza l'obbligo
di raccomandazioni al cameriere
affinché s'assicuri che legato
m'abbia dietro un mantello, essendo il cielo
non ben completamente rischiarato.
So bene, se mi fermo per la via
dove verdi s'attorcono i sentieri
che sono carri a sbarrarmi il cammino
colmi di rossi grappoli annaspanti:
in Inghilterra sarebbe letame
o fango o qualche simile trasporto.
Mi piace anche pranzare a beccafichi,
vedere il sole che cade, sicuro
che non rinascerà domani avvolto
da un'aurora nebbiosa fra barbagli
deboli come l'occhio illividito
d'un ubriaco, ma con tutto intero
il cielo che il mattino irradierà
stupendo e senza nubi; né per forza
dovrò accendere appena quei due soldi
di candele a luci intermittenti
là dove la fumosa gran caldaia
di Londra va ribollendo e s'esala.
Mi piace questa lingua, questa dolce
bastarda del latino che discende
come un bacio dal labbro d'una donna
e suona come se la si scrivesse
sopra una seta. Le sillabe che
la compongono recano il respiro
del clima ben fortunato del Sud
e si stendono tanto dolcemente
che non un solo accento in lei somiglia
all'aspra, dura, gutturale, barbara
nostra lingua di nordici, che siamo
costretti a vomitare e sputar fuori.
Mi piacciono (scusate la follia)
anche le donne: dalla prosperosa
guancia abbronzata della contadina
con il grande occhio nero aperto a sguardi
esprimenti d'un tratto mille cose,
al ciglio d'alta dama un po' più triste
ma limpido, con umida e violenta
l'occhiata, con il cuore sulle labbra
e l'anima ch'è dietro la pupilla
dolce come il suo clima nel colore
luminoso di sole dei suoi cieli.
O Eva d'una terra che'è rimasta
Paradiso! Bellezza, tu, italiana!
Non ispirasti Raffaello che
morì tra le tue braccia gareggiando
con quanto noi conosciamo del Cielo
o possiamo volere, per quel tanto
che ci è concesso? Benché nel fervore
del canto, che parole mai potranno
ridire la tua luce, se Canova
può creare opere quaggiù?
George Gordon Lord Byron
Versione in inglese
With all its sinful doings, I must say,
That Italy's a pleasant place to me,
Who love to see the Sun shine every day,
And vines (not nail'd to walls) form tree to tree
Festoon'd, much like the back scene of a play,
Or melodrame, wich people flock to see,
When the first act is ended by a dance
In vineyards copied from the south of France.
I like on Autumn evenings to ride out,
Without being forc'd to bid my groom be sure
My cloak is round his middle strapp'd abuot,
Because the skies are not the most secure;
I know too that, if stopp'd upon my route,
Where the green alleys windingly allure,
Reeling wit grapes red waggons choke the way, -
In England 'twould be dung, dust, or a dray.
I also like to dine on becaficas,
To see the Sun set, sure he'll rise to-morrow,
Not through a mistery morning twinkling weak as
A drunken man's dead eye in maudlin sorrow,
But with all Heaven t'himself; that day will break as
Beauteous as cloudless, nor be forc'd to borrow
That sort of farthing candlelight wich glimmers
Where reeking London's smoky cauldorn simmers.
I love the language, that soft bastard Latin,
Which melts like kisses from a female mouth,
And sound as if it should be writ on satin,
With syllables wich breathe of sweet South,
And gentle liquids glinding all so pat in,
That not a single accent seems uncouth,
Like our harsh northern whistling, grunting guttural,
Which we're oblig'd to hiss, and spit, and sputter all.
I like the women too (forgive my folly),
From the rich peasant-cheek of ruddy bronze,
And large black eyes that flash on you a volley
Of rays that say a thousand things at once,
To the high dama's brow, more melancholy,
But clear, and with a wild and liquid glance,
Heart on her lips, and soul within her eyes,
Soft as her clime, and sunny as her skies.
Eve of the land which still Paradise!
Italian beauty! didst thou not inspire
Raphael, who died in thy embrace, and vies
With all we know of Heaven, or can desire,
In what he hath bequeath'd us? - in what guise,
Though flashing from the fervour of the lyre,
Would wordsdescribe thy past and present glow,
While yet Canova can create below?
Mi piace questa lingua, questa dolce
bastarda del latino che discende
come un bacio dal labbro d'una donna
e suona come se la si scrivesse
sopra una seta. Le sillabe che
la compongono recano il respiro
del clima ben fortunato del Sud
e si stendono tanto dolcemente
che non un solo accento in lei somiglia
all'aspra, dura, gutturale, barbara
nostra lingua di nordici, che siamo
costretti a vomitare e sputar fuori.
Mi piacciono (scusate la follia)
anche le donne: dalla prosperosa
guancia abbronzata della contadina
con il grande occhio nero aperto a sguardi
esprimenti d'un tratto mille cose,
al ciglio d'alta dama un po' più triste
ma limpido, con umida e violenta
l'occhiata, con il cuore sulle labbra
e l'anima ch'è dietro la pupilla
dolce come il suo clima nel colore
luminoso di sole dei suoi cieli.
O Eva d'una terra che'è rimasta
Paradiso! Bellezza, tu, italiana!
Non ispirasti Raffaello che
morì tra le tue braccia gareggiando
con quanto noi conosciamo del Cielo
o possiamo volere, per quel tanto
che ci è concesso? Benché nel fervore
del canto, che parole mai potranno
ridire la tua luce, se Canova
può creare opere quaggiù?
George Gordon Lord Byron
Versione in inglese
With all its sinful doings, I must say,
That Italy's a pleasant place to me,
Who love to see the Sun shine every day,
And vines (not nail'd to walls) form tree to tree
Festoon'd, much like the back scene of a play,
Or melodrame, wich people flock to see,
When the first act is ended by a dance
In vineyards copied from the south of France.
I like on Autumn evenings to ride out,
Without being forc'd to bid my groom be sure
My cloak is round his middle strapp'd abuot,
Because the skies are not the most secure;
I know too that, if stopp'd upon my route,
Where the green alleys windingly allure,
Reeling wit grapes red waggons choke the way, -
In England 'twould be dung, dust, or a dray.
I also like to dine on becaficas,
To see the Sun set, sure he'll rise to-morrow,
Not through a mistery morning twinkling weak as
A drunken man's dead eye in maudlin sorrow,
But with all Heaven t'himself; that day will break as
Beauteous as cloudless, nor be forc'd to borrow
That sort of farthing candlelight wich glimmers
Where reeking London's smoky cauldorn simmers.
I love the language, that soft bastard Latin,
Which melts like kisses from a female mouth,
And sound as if it should be writ on satin,
With syllables wich breathe of sweet South,
And gentle liquids glinding all so pat in,
That not a single accent seems uncouth,
Like our harsh northern whistling, grunting guttural,
Which we're oblig'd to hiss, and spit, and sputter all.
I like the women too (forgive my folly),
From the rich peasant-cheek of ruddy bronze,
And large black eyes that flash on you a volley
Of rays that say a thousand things at once,
To the high dama's brow, more melancholy,
But clear, and with a wild and liquid glance,
Heart on her lips, and soul within her eyes,
Soft as her clime, and sunny as her skies.
Eve of the land which still Paradise!
Italian beauty! didst thou not inspire
Raphael, who died in thy embrace, and vies
With all we know of Heaven, or can desire,
In what he hath bequeath'd us? - in what guise,
Though flashing from the fervour of the lyre,
Would wordsdescribe thy past and present glow,
While yet Canova can create below?
George Gordon Lord Byron (1788-1824) nacque a Londra il 22 gennaio. Di famiglia nobile, iniziò a comporre versi già dodicenne. Parlamentare dal 1809 presso la Camera Alta di Londra, scrittore e poeta, fu uno dei massimi rappresentanti del romanticismo inglese. Per la sua condotta di vita libertina e per la sua scrittura anticonformista e polemica, fu costretto a lasciare il suo Paese nel 1816. Viaggiò e studiò molto, soprattutto in Italia, e morì combattente in Grecia (a causa di una meningite) dopo aver partecipato attivamente ai moti di liberazione della Regione dalla dominazione ottomana del 1821-1832.
Le sue principali opere sono: Poems on various occasions (1807), English Bards and Scotch Reviewers (1809), Childe Harold's Pilgrimage (1812-18), The Giaour (1813-14), The Bride of Abydos (1813-14), The Corsair (1813-14), Lara (1813-14), The prisoner of Chillon (1816), Manfredi (1817), Lament of Tasso (1817), Beppo, A Venetian Story (1818), Don Juan (1818-23), Marin Faliero, Sardanapalo, I due Foscari, Cain, Werner or the Inheritance e Deformed Transformated (1821), The Vision of Judgment (1822), Heaven and Earth - A Mistery (1822).
0 commenti :
Posta un commento