27 maggio 2014

Santa madre Chiesa

di Roberto Marino

Forse quella santa donna di mia nonna (pace all'anima sua!) aveva proprio ragione quando, in dialetto calabrese, diceva di «stare attento alle vesti lunghe». Ora, per chi non conoscesse l'idioma o l'espressione, le lunghe vesti sarebbero i membri della gerarchia ecclesiastica, in particolare quelli di rango elevato (vescovi e cardinali), che godono di particolare prestigio e potere. Proprio contro di loro infatti sarebbe rivolta l'allusione polemica tratta dalla saggezza popolare.

A ben vedere, il giallo che sta investendo l'ex segretario di Stato vaticano, il cardinal Tarcisio Bertone, sembra confermare non solo i sospetti e le diffidenze della saggezza popolare tradizionale, ma anche il detto, dal sapore altrettanto caustico, che caratterizzava il pensiero di un grande rappresentante - nel bene e nel male - della storia recente, Giulio Andreotti. Tutti ricordano il detto che il divo, Belzebù, chiamatelo come vi pare, soleva dire: «A pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca». E se a trovarsi sulla stessa lunghezza d'onda sono stati due cattolici ferventi come mia nonna e Andreotti, la Chiesa non mi scomunicherà di certo dopo queste riflessioni.

In effetti, l'affaire Bertone, che sta travolgendo il porporato già da qualche settimana (si ricorderà la polemica sullo scandalo che riguardava l'abitazione mastodontica di 700 mq, poi ridimensionata dal diretto interessato che ha parlato di un più modesto 200 mq) e che qualche giorno fa sembra essersi allargato a presunte operazioni finanziarie poco chiare, qualche motivo per sospettare lo fornisce. Ma veniamo dunque ai fatti. 

Secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Bild, il cardinale si sarebbe servito, durante il periodo di segretariato e presumibilmente nel dicembre di due anni fa, della bellezza di 15 milioni di euro dello Ior per finanziare un affare di Ettore Bernabei. Costui è il presidente di una società di comunicazione, la Lux Vide, che si occupa anche della produzione di fiction per la Rai e dalla quale viene finanziata ogni anno con 30 milioni di euro. E qui si parla dunque di implicazione di denaro pubblico, tanto è vero che, secondo le fonti tedesche, il cardinale sarebbe accusato di malversazione e su di lui starebbero indagando congiuntamente l'Aif - Autorità di informazione vaticana - e la Procura di Roma. 

La Lux è una società la cui proprietà appartiene a vari soci: la Rml comunicazione della famiglia Bernabei, la Prima Tv di un imprenditore tunisino, Intesa San Paolo, la Impresat, riconducibile alla Cei e la Ricerche e Consulenza Az. Due anni fa la Rml decide di aumentare la propria partecipazione e per farlo chiede un finanziamento alla banca vaticana. A questo punto si innesca un intrecciato giro di affari, che coinvolge diverse società estere tra cui la Movie Invest Ltd - che fa capo alla famiglia Bernabei ed emette obbligazioni per un valore di 15 milioni di euro - e la Futura - società maltese che le acquista per cederle allo Ior. I soldi però, secondo le indagini, non rientrano nelle casse della banca ed è qui che scoppia lo scandalo.

Le indagini logicamente proseguiranno e faranno il proprio corso, sperando si arrivi in un tempo utile al ristabilimento della verità. A fronte di notizie come questa però, si percepisce una forte stonatura tra il tentativo di ridare alla Chiesa un volto (e si spera anche un corpo ed un'anima) pulito, operato da papa Bergoglio, e gli intrecci politico-finanziari sotterranei, che attraversano l'istituzione nata per pascolare le anime e finita spesso troppo vicino alla materia.

0 commenti :

Posta un commento