Sabato in Poesia: "Vendemmia" di Marino Moretti
Vendemmia di Marino Moretti è una poesia tratta dalla raccolta Sentimento: pensieri, poesie...
Roma capitale d'Italia
Chissà quanti studenti ed ex studenti liceali si sono trovati a tradurre la famosissima frase del De Oratore...
L'origine della crisi finanziaria statunitense
La crisi che ha interessato i mercati finanziari dei paesi maggiormente sviluppati, e che gli esperti...
Così cinque anni fa cominciava la crisi...
"Era una notte buia e tempestosa...", questo è l'incipit dell'interminabile romanzo che Snoopy...
Sabato in Poesia: Estratto di "Beppo, racconto veneziano" (George Gordon Lord Byron)
Beppo è un poemetto satirico in ottave ariostesche (secondo lo schema metrico ABABABCC), attraverso il quale Byron affronta...
30 marzo 2013
Forse solo un "dio" ci può salvare
Ciao, Enzo.
29 marzo 2013
Quando il gatto non c'è, i topi ballano...
Mentre i topi più autorevoli discutevano - quello con la cravatta rossa si scontrava con il topo con la cravatta azzurra - gli altri si scatenavano. Gozzovigliavano, litigavano su chi dovesse avere di più e perché, lasciando intorno residui di formaggio, salame, frutta, verdura e latte e tutto ciò che c'era in frigo. In questa situazione, la casa andava a rotoli e il vecchio topo saggio, non avendo il potere per intervenire direttamente, decise, dopo tanti indugi, in attesa che tornasse il gatto...
28 marzo 2013
La crisi cipriota: che diavolo è successo? (Parte I)
Alzi la mano chi fra voi è in grado di fare il resoconto, quantomeno per grandi linee, di ciò che sta accadendo da qualche settimana a questa parte in quella sperduta isola di nome Cipro, situata ai confini dell’Europa. “Lontana dagli occhi, lontana dal cuore” – qualcuno potrebbe dire. “Godetevi lo bello mare e stateve buoni” – qualchedun altro aggiungerebbe. E invece no. Di Cipro e della sorte dei suoi abitanti a noi ci importa. Eccome se ci importa, perbacco! Sapete perché? Anche loro fanno parte dell’Unione Europea. Pertanto, nel bene o nel male (in questo caso la seconda) i fattacci loro sono anche fattacci nostri.
Vediamo pertanto di capire come questa infezione è nata e i motivi che l’hanno indotta a ritenerla molto pericolosa.
Segnali di pericolo
Lo dicono i numeri: tanto più il sistema bancario risulta grande, tanto maggiore è il rischio per gli Stati di vedere crollare a picco la loro economia. Basta dare un’occhiata ai quattro casi di crisi precedenti a quella cipriota per capire le cose come stanno:
E come se tutto ciò non bastasse, per molto tempo le medesime banche cipriote hanno lasciato confluire nei loro forzieri i miliardi di euro di oligarchi russi e di ricchi investitori del vicino Medio Oriente, da sempre alla ricerca di paradisi (fiscali) come quello cipriota, senza porsi troppe domande sul cattivo odore di riciclaggio emanato da questi capitali. Sebbene con la crisi del debito gran parte di questi investitori (soprattutto russi) si siano decisi a far fare marcia indietro ai loro denari, Cipro e la Russia sono riuscite ad accordarsi su un finanziamento da 2,5 miliardi di euro, che non sono però bastati all’isola per ripianare il conto, tanto che si è stati costretti a rivolgersi più a oriente, in Cina, e chiedere un altro miliardo e mezzo.
26 marzo 2013
Confronto a distanza
Ieri sera l'epilogo della difesa di Grasso, che ha risposto alle questioni sollevate da Travaglio, anche sulla base delle sollecitazioni da parte delle domande del conduttore. A parte le risposte, che possono essere più o meno convincenti (tutto è interpretabile e ciascuno crea la propria opinione sulla base dei fatti riportati) il punto su cui focalizzare l'attenzione potrebbe essere anche un altro: l'uso sempre più strumentale dei mezzi comunicativi. Visto il grande potere di attrazione che possiedono i mass media, sia di nuova che di consolidata generazione, si tende sempre più a servirsene per dichiarazioni shock, spesso fatte per attirare l'attenzione, per suscitare una reazione, per raggiungere comunque un obiettivo.
Travaglio, si sa, è espressione di un certo giornalismo militante e decisamente radicale (che sempre più spesso ricorda un certo grillismo, ma che non per questo dovrebbe tacere), provocatorio, anche se in questo caso poco onorevole. Avrebbe potuto e anzi dovuto presentarsi in studio a suffragare le proprie tesi invece di sottrarsi al contraddittorio. Esprimere timori nei confronti di un presunto modo poco pulito di gestire un dibattito non può risultare giustificante. Così come preferire il confrontarsi in un luogo "amico", favorevole e familiare, in cui si può contare sul sostegno-intervento del conduttore, sul "calore" del pubblico. Rispondere per iscritto su un giornale, dove si può essere facilitati dalla tranquillità e dalla solitudine che conferiscono maggiore efficacia alle risposte, è un po' diverso dal trovarsi in televisione, sottoposti ad una serie di pressioni. Persino Berlusconi durante la campagna elettorale - certamente facendo i propri calcoli a dovere - ha avuto il coraggio o l'arditezza di presentarsi come ospite nel programma di Santoro nonostante avrebbe potuto uscirne malconcio, evento che si è tutt'altro che verificato. In questo caso invece, i telespettatori sono stati costretti ad assistere ad un confronto a distanza, in cui a dibattere sono stati un personaggio contro il quale sono state fatte delle dichiarazioni e l'eco, la memoria, il riepilogo delle affermazioni di un altro.
E' vero che a partire dalla campagna elettorale appena trascorsa abbiamo cominciato a familiarizzare, grazie al Movimento cinque stelle, con i confronti con contraddittorio assente - decisamente innovativi nella storia politica italiana - ma almeno in questo, personalmente parlando, preferirei che si tornasse alla tradizione. Del resto, il metodo dialettico di dibattito dura dai tempi di Socrate. Ci sarà un motivo, no?
22 marzo 2013
La mafia uccide, uccidiamo la mafia
Tutto ciò non deve però spaventare né bloccare. E neppure, come spesso accade - anche se questo più frequentemente tra la gente comune - rilegare il fenomeno in un regionalismo deresponsabilizzante. Il fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso è ormai divenuto da anni di carattere nazionale ed anche internazionale. Per restare in ambito italiano, si possono ricordare tutte le inchieste portate avanti dai nuclei investigativi nelle varie regioni del centro-nord Italia (disponibili sul sito del Ministero dell'Interno) e, ancor di più, il caso dell'arresto dell'assessore lombardo Domenico Zambetti, accusato di aver acquistato un pacchetto di circa 4000 voti dalla 'ndrangheta. Questo episodio, non certo unico nel suo genere, è particolarmente grave, perché dimostra - fermo restando il garantismo nei confronti della persona fino alla conclusione definitiva del processo - che la mentalità mafiosa si è radicata anche nelle istituzioni, mentre queste avrebbero il compito di combattere il male piuttosto che alimentarlo.
Tutto ciò accade però dove il mercato è florido e già esistente. Nelle regioni meridionali poco sviluppate invece resiste ancora un modello culturale, morale ed economico immaturo e pressoché arcaico. Qui il potere viene gestito attraverso l'intimidazione, non necessariamente esibita, e lo sfruttamento della situazione di povertà e bisogno della parte più in difficoltà della popolazione. La criminalità mafiosa offre infatti lavoro alle persone disagiate, in forza del proprio potere economico e intimidatorio. In cambio chiede ovviamente omertà, "rispetto", sottomissione.
La risposta a tutto questo deve essere forte. Innanzitutto, da parte degli organi competenti di tipo legislativo, di tutela dell'ordine pubblico sia civile che militare. In secondo luogo, è necessaria l'azione culturale della scuola, delle organizzazioni no-profit come quella di don Ciotti, che ogni giorno si spendono per contrastare il potere mafioso e della diffusione delle storie di tutte le vittime di mafia: da quelle illustri come gli uomini che hanno lottato (Falcone, Borsellino, Chinnici, Impastato) ai morti casuali e "non previsti".
Per ritradurre le parole di don Ciotti con altro linguaggio, possiamo dire che soltanto quando non avremo più casi come quelli Falcone, Borsellino, Impastato e simili e quando non avremo più bisogno di trasformare tutti questi personaggi in miti, potremo dire di aver sanato la società dal male e di aver realizzato quel grande obiettivo che questi grandi uomini hanno perseguito durante la loro vita: la distruzione delle mafie.
18 marzo 2013
Anche i barbari discutono e pensano
14 marzo 2013
Habemus Papam
Come di consueto, dopo lo scampanio festoso, c'è stato l'Habemus Papam del sofferente - perché affetto da Parkinson - cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran dalla Loggia centrale della Basilica, il quale ha annunciato il nome secolare e quello religioso di Francesco del nuovo eletto. Subito dopo, l'apparizione di papa Francesco, che ha esordito con il discorso di saluto ai fedeli e con la benedizione. Ha molto colpito il succinto discorso del nuovo papa, sia per l'evidente emozione di chi lo pronunciava e sia per le parole scelte per questa prima apparizione pubblica nella nuova veste di pontefice. Il nuovo papa deve aver sentito sicuramente il peso della Storia gravare sulle sue spalle (sia per l'elezione in sé, che per il significato che un'elezione pontificia assume in questo periodo di grande difficoltà per la Chiesa) e la sua commozione è stata il segno più manifesto di questo. Nonostante ciò però, è riuscito a rompere il ghiaccio con parole che sono state lette come un segno di grande vicinanza al popolo dei fedeli. Ha esordito infatti con un saluto laico dicendo: «Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo alla fine del mondo...». Ha ironizzato il nuovo Papa, ma non più di tanto.
Questa nuova elezione ha un valore simbolico e geopolitico non indifferente. Innanzitutto, è la prima volta che viene eletto un papa non europeo e ciò significa fine dell'eurocentrismo per quel che riguarda la guida della cristianità. Un papa sudamericano può rappresentare l'opportunità di dare una svolta vigorosa ed energica alla gestione degli affari religiosi, sempre più frammentata all'interno della Curia romana ed europea. Inoltre, è una novità anche l'elezione di un gesuita. Ordine quello della Compagnia di Gesù che, se da una parte si caratterizza per la strenua difesa e la propagazione della religione cattolica - e ciò introduce nella questione geopolitica - quindi della evangelizzazione, dell'obbedienza assoluta ai superiori (in cui si manifesta l'azione della volontà di Dio) dall'altra si ritrova nell'assoluta povertà, nell'umiltà, nella paziente sopportazione di umiliazioni e offese. In questa direzione, va anche la scelta del nome con cui il pontefice ha voluto presentarsi al mondo: Francesco. Come il nome del frate povero di Assisi, grande riformatore della Chiesa, all'epoca di grandi spinte centrifughe e centripete, tenute insieme dal comune desiderio di un ritorno alla purezza e alla sobrietà delle origini del cristianesimo, dopo gli scandali di concubinato e simonia.
In effetti, durante la sua vita, Jorge Mario Bergoglio ha tenuto uno stile di vita molto sobrio, semplice ed austero. Durante il suo magistero a Buenos Aires, si muoveva da solo in autobus, in metropolitana, cucinava da solo, viveva in un piccolo appartamento piuttosto che in episcopato. Si dice anche che destinò ai poveri il denaro raccolto dai suoi fedeli al tempo della sua nomina a cardinale, avvenuta nel lontano 2001 ad opera di papa Giovanni Paolo II. E ancora, ha raccontato in un intervista del 2009, che in quello stesso anno battezzò sette figli di una vedova sola e povera, avuti con due uomini diversi, che disperata, chiedeva la possibilità di farli entrare nella comunità cristiana. Infine, completando l'elenco degli aneddoti sulla figura del nuovo papa, si deve aggiungere che è molto attento ai temi sociali (tempo fa ha denunciato pubblicamente lo sfruttamento dei lavoratori nelle officine clandestine, il rapimento di donne e bambine per avviarle alla prostituzione, la povertà e il debito sociale), che ha avuto un'adolescenza laica e normale (ha conseguito il diploma di perito chimico, la laurea in filosofia, ha persino avuto una ragazza e solo dopo ha avvertito la vocazione e intrapreso la via della fede). Tutta questa testimonianza morale, di pensiero di azione e biografica di vicinanza alla normalità delle persone è ciò i fedeli si aspettavano e si aspettano da tempo dalla Chiesa e dai suoi massimi rappresentanti.
Per quanto riguarda l'aspetto geopolitico, in un articolo del Corriere della Sera, Vittorio Messori imposta un ragionamento interessante sul valore della scelta, certo non casuale, effettuata dai cardinali di un papa latinoamericano e sulle conseguenze che questa avrà. Il giornalista paragona, seppure con le dovute differenze, questa elezione a quella strategica fatta a suo tempo nei confronti di Karol Wojtyla. Come allora infatti si decise per un papa polacco, che avrebbe contribuito in modo sostanzioso all'apertura di una breccia all'interno sistema comunista, allo stesso modo oggi, l'elezione di un papa latino è l'elemento di sfida per tentare di arginare un problema urgente e grave, quale l'abbandono della fede cattolica da parte del continente sudamericano. I cattolici latini sono infatti molto corteggiati e sedotti dalle sette dei «pentecostali che, inviati e sostenuti da grandi finanziatori nordamericani - prosegue il giornalista - stanno realizzando il sogno del protestantesimo degli Usa: finirla, anche in quel Continente, con la superstizione "papista"».
Tante speranze si concentrano su questa nuova elezione; speranze di cambiamento, se non di rivoluzione, come ha auspicato don Andrea Gallo, ospite in una trasmissione televisiva tenutasi nel giorno dell'annuncio delle dimissioni di Ratzinger. Il sacerdote genovese aveva lanciato la sfida di trasformare le dimissioni di Benedetto XVI e l'allora futura elezione del nuovo papa in un'occasione per aprire un nuovo Concilio Vaticano, una sorta di pontificato costituente, che possa affrontare questioni spinose, come l'abbandono del celibato per i sacerdoti, la questione del sacerdozio femminile, le tematiche etiche e bioetiche importanti dei nostri tempi (aborti, divorzi, unioni omosessuali, eutanasia).
Non bisogna farsi illusioni su questo però. Per quanto il nuovo papa possa essere moderno e attento alle problematiche socio-culturali, rimane pur sempre custode di una tradizione dottrinale e dogmatica secolare, che forse smetterebbe di essere tale se venisse completamente ribaltata. Gli unici cambiamenti, che ragionevolmente potranno verificarsi, potrebbero andare in direzione di una maggiore disponibilità verso una elargizione sacramentale più libera verso categorie attualmente marginalizzate (ad es. eucarestia ai divorziati e simili). Questioni cioè che non intaccano strutturalmente l'impianto dottrinale del cattolicesimo. Personalmente, mi piacerebbe vedere aperture forti sui temi più sopra indicati, tuttavia il realismo è d'obbligo. Specialmente prima ancora che i lavori comincino.
09 marzo 2013
Un augurio (vero) alle donne
Si potrebbe erroneamente pensare che nel mondo occidentale la festa della donna abbia ormai un valore quasi esclusivamente simbolico, più consumistico che reale, eppure i casi di violenza sulle donne sono ancora tanti, troppi. Una realtà vergognosa. Per rendersene conto, non serve andare molto lontano; basta leggere i dati che l'Osservatorio del Telefono Rosa ha pubblicato quest'anno nell'annuale rapporto "Le voci segrete della violenza". Secondo lo studio, che analizza i dati di 1562 vittime di violenza che si sono rivolte Telefono Rosa, risulta che nel 2012 siano state uccise 124 donne. I casi di violenza avvengono maggiormente tra le mura domestiche, infatti nel 60% dei casi a praticare la violenza è il marito o il partner convivente, mentre nel 23% è l'ex partner. Un altro dato sconcertante è che soltanto nel 2% dei casi la violenza avviene per mano di sconosciuti, dimostrando come questo fenomeno così deplorevole sia un mero "fatto privato" e "affettivo".
Spostandoci in ambito internazionale, si nota come esistano pratiche culturali legate a tradizioni religiose arcaiche e violente. La più nota tra queste, avente una dimensione sia fisica che psicologica, è l'infibulazione. Questa pratica barbara comporta l'asportazione chirurgica del clitoride, delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra dell'apparato vaginale, cui segue poi la cucitura della vulva, lasciando aperto soltanto un foro per consentire la fuoriuscita dell'urina e del liquido mestruale. Viene praticata in molte zone dell'Africa, nella penisola araba e nel sud-est asiatico. La motivazione di questa operazione consiste nella necessità di preservare l'illibatezza e la castità della donna fino al giorno del matrimonio, attraverso l'impossibilità di consumare l'atto sessuale e l'annullamento del piacere. Nel giorno del matrimonio, il marito effettua direttamente la scucitura della vulva, per poter consumare il rapporto sessuale. Fino al giorno del parto la vulva della rimane aperta, in seguito viene ricucita e scucita ogni volta che si ha necessità di procreare. Oltre a non provare piacere, la donna infibulata avverte persino dolore durante il rapporto, in seguito all'insorgenza di cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali.
E ancora, sempre in contesto internazionale, si verifica l'orrendo fenomeno delle spose bambine. Secondo i dati forniti dall'ong Plan International e diffusi da Radio Vaticana attraverso un'intervista a Tiziana Fattori, direttore nazionale di Plan International Italia, nel gennaio di quest'anno, risulta che 10 milioni di ragazze e bambine contraggono regolarmente matrimonio prima dei 18 anni. In molti casi, in alcuni Paesi africani come il Niger, il Chad, il Bangladesh, il Mali, l'Etiopia, la Guinea, accade che ad essere costrette a sposarsi siano bambine al di sotto dei 15 anni. O, peggio ancora, si verificano casi in cui le famiglie diano in sposa le proprie bambine di 8-10 anni a uomini di 50, allo scopo di ripagare un debito, e togliere dalle proprie spalle le spese di mantenimento alimentare e scolastico delle figlie. Contrariamente a quanto si possa pensare, il fenomeno prescinde dalla religione - in questi Paesi la religione musulmana è decisamente prevalente - tanto è vero che è diffuso anche presso comunità cristiane.
Ritornando in Italia e sfiorando la quotidianità di contesti cosiddetti normali, notiamo che la nostra società è ancora pervasa da una cultura poco evoluta in fatto di parità di diritti. Molte donne vengono discriminate sui posti di lavoro perché madri attuali o potenziali tali, attraverso la pratica delle dimissioni in bianco. In questo senso il legislatore - con la riforma Fornero - ha fatto qualche passo avanti, inserendo un articolo nella normativa, che tutela la lavoratrice costretta o "vivamente consigliata" a firmare un foglio di dimissioni in bianco appena assunta dal datore di lavoro, sospendendo le dimissioni fino a verifica ed avvenuta approvazione del servizio ispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. L'elenco delle discriminazioni è ancora molto lungo. La mancanza di presenza femminile nei ruoli chiave della nostra società è ancora troppo grande. Non abbiamo mai avuto un Presidente della Repubblica donna, un Primo Ministro donna (l'Inghilterra lo avuto 30 anni fa). Le parlamentari donna sono ancora poche rispetto agli uomini, i top manager donna nelle aziende e società varie sono quasi inesistenti. E' un problema culturale che va affrontato e risolto.
Per ultimo, vorrei focalizzare l'attenzione sui comportamenti e atteggiamenti quotidiani tenuti da noi uomini "normali" e rispettosi nei confronti delle nostre donne. Anche noi commettiamo a volte degli errori, quando trattiamo le nostre mogli, compagne, madri, sorelle, soltanto come mogli, compagne, madri, sorelle e poco come donne. Dovremmo prendere di più in considerazione le loro esigenze di donne ed impegnarci a far sì che si sentano appagate e realizzate come esseri umani e non solo per il ruolo che affettivo o sociale che svolgono. Come ha ribadito ieri sera Serena Dandini - ospite nella trasmissione Otto e Mezzo condotta da Lilli Gruber - è necessario collaborare tutti insieme, uomini e donne, affinché si possa ristabilire un equilibrio vero tra i sessi, portando a rispettare, far emergere e quindi valorizzare - aggiungo io - i diritti, i bisogni, le capacità, i meriti delle donne in quanto esseri umani, che hanno pari dignità rispetto agli uomini, pur nelle diversità individuali e di genere.
07 marzo 2013
La politica delle lenticchie
Certo, una tendenza analitica di stampo storicista indurrebbe, se non obbligherebbe, a rintracciare la fonte del fenomeno nel fatto che l'Italia è stata la patria del trasformismo e del clientelismo, che l'Italia ha scelto per 40 anni di essere rappresentata e governata dalla Democrazia cristiana, che abbiamo l'influenza di una cultura intrisa di religione, etc., ma tutto ciò non spiega fino in fondo perché ci si tappi le orecchie e gli occhi di fronte alla voglia urlata di novità. E' una questione di opportunità, di pragmatismo, di necessità, di sopravvivenza.
In un'intervista al Corriere della Sera di una settimana fa, Massimo D'Alema avrebbe proposto una strada, a suo avviso praticabile e utile, per risolvere il problema dell'impasse in cui si trovano le istituzioni, la politica e di conseguenza l'intero Paese. Secondo l'ex onorevole ed ex Presidente del Consiglio, la soluzione sarebbe coinvolgere le due forze politiche maggioritarie - escluso il Pd ovviamente - affidando loro le due maggiori cariche istituzionali dello Stato - dopo quella della Presidenza della Repubblica - ovvero Presidenza del Senato e della Camera. Ora, se una soluzione del genere potrebbe "andar bene" per un partito politico storico come il Pdl - anche se forse non andrebbe bene per l'Italia - non si potrebbe dire la stessa cosa per un movimento come quello dei Cinque stelle, che del rifiuto degli inciuci, del diniego della politica delle alleanze e degli accordi-contentino ha fatto la sua bandiera ed il suo successo. Ci troviamo di fronte qualcosa che va ben oltre il piatto di lenticchie con cui Esaù scambiò la sua primogenitura.
Dall'altra parte invece troviamo il Pdl che disperatamente sta tentando - nel senso letterale di sedurre - il Pd a stipulare un'alleanza, che ha il sapore di nazional-strategia, evidentemente per non essere tagliato fuori dagli appuntamenti importanti che la politica dovrà affrontare nei prossimi giorni. Il più importante fra tutti: l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. E' vero infatti che manca da molto tempo un Capo dello Stato politicamente vicino ad ambienti di centro-destra e avere un presidente che, pur mantenendo la consueta onorevole terzietà che una figura così importante deve avere, può essere risolutivo in determinate situazioni di difficoltà, di certo non dispiace. Inoltre, influire sulla scelta delle massime cariche dello stato (se non conquistarle) - e ci si riferisce alle presidenze delle Camere - è sicuramente una prova di forza importante, anche e soprattutto in un momento di crisi come questo.
Ora, è vero che le larghe maggioranze o i governissimi o i governi di larghe intese, come si preferisce chiamarli, sono la soluzione alle situazioni di ingovernabilità di un Paese - del resto anche negli altri Paesi d'Europa (vedi Germania) si stipulano simili accordi in situazioni di difficoltà - tuttavia in Italia operazioni del genere attirano su di sé sempre una cattiva fama. Forse perché la politica italiana è stata dissanguata da accordi e accordini di vario genere, che non hanno dimostrato grande capacità, o meglio volontà, risolutiva di problemi importanti e urgenti. Forse perché una certa realpolitik delle alleanze post voto ha più il sapore di uno scouting, che tradotto dal politichese significa avanscoperta alla ricerca di più di qualche insoddisfatto del suo vecchio partito che, se ben corteggiato, potrebbe diventare un dissidente che cambia casacca.
Quello che sembra più ragionevole fare allora è trovare accordi (veri e non strategici) pragmatici di poche ma immediatamente operative idee che risolvano problemi urgenti, piuttosto che cercare di riassorbire con i metodi della politica delle lenticchie gli ematomi causati dalle consultazioni elettorali appena terminate. Ciò significa: modifica della legge elettorale; abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti con rinuncia immediata di quelli previsti in questa tornata; riduzione drastica dei costi della politica (riduzione del numero dei parlamentari e dei compensi); abolizione o accorpamento sostanzioso di enti locali dispendiosi e utilizzo del denaro ricavato per abbassare la pressione fiscale sul lavoro e finanziare le imprese. Di fronte a proposte di questo genere, anche le diffidenze più ostinate dovrebbero dissiparsi, il buon senso dovrebbe fare il resto.
Questa la politica più immediata. Ciò che conta adesso è uscire dallo stallo. Per quanto riguarda il futuro, si aspetta il momento più propizio per le prossime consultazioni elettorali.