di Roberto Marino
E' fatta. Con l'ultima elezione della giornata di ieri, il Conclave dei cardinali ha eletto il nuovo successore dell'ultimo papa, Benedetto XVI, e del primo, Pietro. Si chiama Jorge Mario Bergoglio; è argentino, ma di origine italiana. Una mezza soddisfazione per chi sperava in un papa interamente italiano. Ieri alle 19,06, dopo la quinta elezione dall'inizio dei lavori del Conclave e al secondo giorno di votazioni, il comignolo della Cappella Sistina ha emesso una fumata che nei primissimi istanti aveva dato l'impressione di essere nuovamente nera. Subito dopo, la smentita immediata ad opera della stessa fumata, che ha fugato qualsiasi dubbio mostrando il suo colore inequivocabilmente bianco. A confermare il tutto, il boato dell'immensa folla dei fedeli nella piazza antistante la basilica che ha accompagnato l'evento al grido di: «Viva il Papa!».
Come di consueto, dopo lo scampanio festoso, c'è stato l'Habemus Papam del sofferente - perché affetto da Parkinson - cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran dalla Loggia centrale della Basilica, il quale ha annunciato il nome secolare e quello religioso di Francesco del nuovo eletto. Subito dopo, l'apparizione di papa Francesco, che ha esordito con il discorso di saluto ai fedeli e con la benedizione. Ha molto colpito il succinto discorso del nuovo papa, sia per l'evidente emozione di chi lo pronunciava e sia per le parole scelte per questa prima apparizione pubblica nella nuova veste di pontefice. Il nuovo papa deve aver sentito sicuramente il peso della Storia gravare sulle sue spalle (sia per l'elezione in sé, che per il significato che un'elezione pontificia assume in questo periodo di grande difficoltà per la Chiesa) e la sua commozione è stata il segno più manifesto di questo. Nonostante ciò però, è riuscito a rompere il ghiaccio con parole che sono state lette come un segno di grande vicinanza al popolo dei fedeli. Ha esordito infatti con un saluto laico dicendo: «Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo alla fine del mondo...». Ha ironizzato il nuovo Papa, ma non più di tanto.
Questa nuova elezione ha un valore simbolico e geopolitico non indifferente. Innanzitutto, è la prima volta che viene eletto un papa non europeo e ciò significa fine dell'eurocentrismo per quel che riguarda la guida della cristianità. Un papa sudamericano può rappresentare l'opportunità di dare una svolta vigorosa ed energica alla gestione degli affari religiosi, sempre più frammentata all'interno della Curia romana ed europea. Inoltre, è una novità anche l'elezione di un gesuita. Ordine quello della Compagnia di Gesù che, se da una parte si caratterizza per la strenua difesa e la propagazione della religione cattolica - e ciò introduce nella questione geopolitica - quindi della evangelizzazione, dell'obbedienza assoluta ai superiori (in cui si manifesta l'azione della volontà di Dio) dall'altra si ritrova nell'assoluta povertà, nell'umiltà, nella paziente sopportazione di umiliazioni e offese. In questa direzione, va anche la scelta del nome con cui il pontefice ha voluto presentarsi al mondo: Francesco. Come il nome del frate povero di Assisi, grande riformatore della Chiesa, all'epoca di grandi spinte centrifughe e centripete, tenute insieme dal comune desiderio di un ritorno alla purezza e alla sobrietà delle origini del cristianesimo, dopo gli scandali di concubinato e simonia.
In effetti, durante la sua vita, Jorge Mario Bergoglio ha tenuto uno stile di vita molto sobrio, semplice ed austero. Durante il suo magistero a Buenos Aires, si muoveva da solo in autobus, in metropolitana, cucinava da solo, viveva in un piccolo appartamento piuttosto che in episcopato. Si dice anche che destinò ai poveri il denaro raccolto dai suoi fedeli al tempo della sua nomina a cardinale, avvenuta nel lontano 2001 ad opera di papa Giovanni Paolo II. E ancora, ha raccontato in un intervista del 2009, che in quello stesso anno battezzò sette figli di una vedova sola e povera, avuti con due uomini diversi, che disperata, chiedeva la possibilità di farli entrare nella comunità cristiana. Infine, completando l'elenco degli aneddoti sulla figura del nuovo papa, si deve aggiungere che è molto attento ai temi sociali (tempo fa ha denunciato pubblicamente lo sfruttamento dei lavoratori nelle officine clandestine, il rapimento di donne e bambine per avviarle alla prostituzione, la povertà e il debito sociale), che ha avuto un'adolescenza laica e normale (ha conseguito il diploma di perito chimico, la laurea in filosofia, ha persino avuto una ragazza e solo dopo ha avvertito la vocazione e intrapreso la via della fede). Tutta questa testimonianza morale, di pensiero di azione e biografica di vicinanza alla normalità delle persone è ciò i fedeli si aspettavano e si aspettano da tempo dalla Chiesa e dai suoi massimi rappresentanti.
Per quanto riguarda l'aspetto geopolitico, in un articolo del Corriere della Sera, Vittorio Messori imposta un ragionamento interessante sul valore della scelta, certo non casuale, effettuata dai cardinali di un papa latinoamericano e sulle conseguenze che questa avrà. Il giornalista paragona, seppure con le dovute differenze, questa elezione a quella strategica fatta a suo tempo nei confronti di Karol Wojtyla. Come allora infatti si decise per un papa polacco, che avrebbe contribuito in modo sostanzioso all'apertura di una breccia all'interno sistema comunista, allo stesso modo oggi, l'elezione di un papa latino è l'elemento di sfida per tentare di arginare un problema urgente e grave, quale l'abbandono della fede cattolica da parte del continente sudamericano. I cattolici latini sono infatti molto corteggiati e sedotti dalle sette dei «pentecostali che, inviati e sostenuti da grandi finanziatori nordamericani - prosegue il giornalista - stanno realizzando il sogno del protestantesimo degli Usa: finirla, anche in quel Continente, con la superstizione "papista"».
Tante speranze si concentrano su questa nuova elezione; speranze di cambiamento, se non di rivoluzione, come ha auspicato don Andrea Gallo, ospite in una trasmissione televisiva tenutasi nel giorno dell'annuncio delle dimissioni di Ratzinger. Il sacerdote genovese aveva lanciato la sfida di trasformare le dimissioni di Benedetto XVI e l'allora futura elezione del nuovo papa in un'occasione per aprire un nuovo Concilio Vaticano, una sorta di pontificato costituente, che possa affrontare questioni spinose, come l'abbandono del celibato per i sacerdoti, la questione del sacerdozio femminile, le tematiche etiche e bioetiche importanti dei nostri tempi (aborti, divorzi, unioni omosessuali, eutanasia).
Non bisogna farsi illusioni su questo però. Per quanto il nuovo papa possa essere moderno e attento alle problematiche socio-culturali, rimane pur sempre custode di una tradizione dottrinale e dogmatica secolare, che forse smetterebbe di essere tale se venisse completamente ribaltata. Gli unici cambiamenti, che ragionevolmente potranno verificarsi, potrebbero andare in direzione di una maggiore disponibilità verso una elargizione sacramentale più libera verso categorie attualmente marginalizzate (ad es. eucarestia ai divorziati e simili). Questioni cioè che non intaccano strutturalmente l'impianto dottrinale del cattolicesimo. Personalmente, mi piacerebbe vedere aperture forti sui temi più sopra indicati, tuttavia il realismo è d'obbligo. Specialmente prima ancora che i lavori comincino.
Come di consueto, dopo lo scampanio festoso, c'è stato l'Habemus Papam del sofferente - perché affetto da Parkinson - cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran dalla Loggia centrale della Basilica, il quale ha annunciato il nome secolare e quello religioso di Francesco del nuovo eletto. Subito dopo, l'apparizione di papa Francesco, che ha esordito con il discorso di saluto ai fedeli e con la benedizione. Ha molto colpito il succinto discorso del nuovo papa, sia per l'evidente emozione di chi lo pronunciava e sia per le parole scelte per questa prima apparizione pubblica nella nuova veste di pontefice. Il nuovo papa deve aver sentito sicuramente il peso della Storia gravare sulle sue spalle (sia per l'elezione in sé, che per il significato che un'elezione pontificia assume in questo periodo di grande difficoltà per la Chiesa) e la sua commozione è stata il segno più manifesto di questo. Nonostante ciò però, è riuscito a rompere il ghiaccio con parole che sono state lette come un segno di grande vicinanza al popolo dei fedeli. Ha esordito infatti con un saluto laico dicendo: «Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo alla fine del mondo...». Ha ironizzato il nuovo Papa, ma non più di tanto.
Questa nuova elezione ha un valore simbolico e geopolitico non indifferente. Innanzitutto, è la prima volta che viene eletto un papa non europeo e ciò significa fine dell'eurocentrismo per quel che riguarda la guida della cristianità. Un papa sudamericano può rappresentare l'opportunità di dare una svolta vigorosa ed energica alla gestione degli affari religiosi, sempre più frammentata all'interno della Curia romana ed europea. Inoltre, è una novità anche l'elezione di un gesuita. Ordine quello della Compagnia di Gesù che, se da una parte si caratterizza per la strenua difesa e la propagazione della religione cattolica - e ciò introduce nella questione geopolitica - quindi della evangelizzazione, dell'obbedienza assoluta ai superiori (in cui si manifesta l'azione della volontà di Dio) dall'altra si ritrova nell'assoluta povertà, nell'umiltà, nella paziente sopportazione di umiliazioni e offese. In questa direzione, va anche la scelta del nome con cui il pontefice ha voluto presentarsi al mondo: Francesco. Come il nome del frate povero di Assisi, grande riformatore della Chiesa, all'epoca di grandi spinte centrifughe e centripete, tenute insieme dal comune desiderio di un ritorno alla purezza e alla sobrietà delle origini del cristianesimo, dopo gli scandali di concubinato e simonia.
In effetti, durante la sua vita, Jorge Mario Bergoglio ha tenuto uno stile di vita molto sobrio, semplice ed austero. Durante il suo magistero a Buenos Aires, si muoveva da solo in autobus, in metropolitana, cucinava da solo, viveva in un piccolo appartamento piuttosto che in episcopato. Si dice anche che destinò ai poveri il denaro raccolto dai suoi fedeli al tempo della sua nomina a cardinale, avvenuta nel lontano 2001 ad opera di papa Giovanni Paolo II. E ancora, ha raccontato in un intervista del 2009, che in quello stesso anno battezzò sette figli di una vedova sola e povera, avuti con due uomini diversi, che disperata, chiedeva la possibilità di farli entrare nella comunità cristiana. Infine, completando l'elenco degli aneddoti sulla figura del nuovo papa, si deve aggiungere che è molto attento ai temi sociali (tempo fa ha denunciato pubblicamente lo sfruttamento dei lavoratori nelle officine clandestine, il rapimento di donne e bambine per avviarle alla prostituzione, la povertà e il debito sociale), che ha avuto un'adolescenza laica e normale (ha conseguito il diploma di perito chimico, la laurea in filosofia, ha persino avuto una ragazza e solo dopo ha avvertito la vocazione e intrapreso la via della fede). Tutta questa testimonianza morale, di pensiero di azione e biografica di vicinanza alla normalità delle persone è ciò i fedeli si aspettavano e si aspettano da tempo dalla Chiesa e dai suoi massimi rappresentanti.
Per quanto riguarda l'aspetto geopolitico, in un articolo del Corriere della Sera, Vittorio Messori imposta un ragionamento interessante sul valore della scelta, certo non casuale, effettuata dai cardinali di un papa latinoamericano e sulle conseguenze che questa avrà. Il giornalista paragona, seppure con le dovute differenze, questa elezione a quella strategica fatta a suo tempo nei confronti di Karol Wojtyla. Come allora infatti si decise per un papa polacco, che avrebbe contribuito in modo sostanzioso all'apertura di una breccia all'interno sistema comunista, allo stesso modo oggi, l'elezione di un papa latino è l'elemento di sfida per tentare di arginare un problema urgente e grave, quale l'abbandono della fede cattolica da parte del continente sudamericano. I cattolici latini sono infatti molto corteggiati e sedotti dalle sette dei «pentecostali che, inviati e sostenuti da grandi finanziatori nordamericani - prosegue il giornalista - stanno realizzando il sogno del protestantesimo degli Usa: finirla, anche in quel Continente, con la superstizione "papista"».
Tante speranze si concentrano su questa nuova elezione; speranze di cambiamento, se non di rivoluzione, come ha auspicato don Andrea Gallo, ospite in una trasmissione televisiva tenutasi nel giorno dell'annuncio delle dimissioni di Ratzinger. Il sacerdote genovese aveva lanciato la sfida di trasformare le dimissioni di Benedetto XVI e l'allora futura elezione del nuovo papa in un'occasione per aprire un nuovo Concilio Vaticano, una sorta di pontificato costituente, che possa affrontare questioni spinose, come l'abbandono del celibato per i sacerdoti, la questione del sacerdozio femminile, le tematiche etiche e bioetiche importanti dei nostri tempi (aborti, divorzi, unioni omosessuali, eutanasia).
Non bisogna farsi illusioni su questo però. Per quanto il nuovo papa possa essere moderno e attento alle problematiche socio-culturali, rimane pur sempre custode di una tradizione dottrinale e dogmatica secolare, che forse smetterebbe di essere tale se venisse completamente ribaltata. Gli unici cambiamenti, che ragionevolmente potranno verificarsi, potrebbero andare in direzione di una maggiore disponibilità verso una elargizione sacramentale più libera verso categorie attualmente marginalizzate (ad es. eucarestia ai divorziati e simili). Questioni cioè che non intaccano strutturalmente l'impianto dottrinale del cattolicesimo. Personalmente, mi piacerebbe vedere aperture forti sui temi più sopra indicati, tuttavia il realismo è d'obbligo. Specialmente prima ancora che i lavori comincino.
Mentre di buon mattino leggevo l'articolo di Messori, l'autore stava quasi convincendomi del tutto sul ragionamento che esponeva, fino a che i numeri non mi sono tornati. Dico i numeri perché è proprio a questi che mi riferisco: ieri sera, infatti, mi sono trovato a riflettere su un articolo (http://www.linkiesta.it/chiesa-cattolica-mondo; Fonte Agenzia Fides, 2012) che ben riassume statisticamente i dati sui cattolici nel mondo in riferimento agli anni 2000 e 2010. Ebbene, l'unico continente che nella prima decade del nuovo millennio ha visto diminuire i seguaci (dichiarati) della Santa Romana Chiesa è l'Oceania; l'America (tutta, sia ben chiaro) ne ha acquisito qualche milione, passando dal 62,8% al 63,2% del totale degli abitanti.
RispondiEliminaE' pur vero che per poter smentire Messori bisognerebbe avere in mano i numeri del solo Sud America, ma in ogni caso -- correndo anche il rischio di sbagliare -- non me la sento di dire che la diminuzione dei cattolici dell'America Latina possa essere (molto) più che compensata dall'incremento dei fedeli nella parte Nord del continente.
Numeri a parte, come dicevo, il ragionamento mi convince abbastanza.
Molto arguta la tua risposta e soprattutto molto interessante il dato pubblicato da linkiesta.it. Effettivamente, i dati di questa inchiesta dicono che nel decennio 2000-2010, nell'intero continente americano, c'è stata la crescita più alta di cattolici in termini numerici assoluti (più di 66 milioni di nuovi aderenti alla fede cristiana di rito romano) e la seconda in valore percentuale. Come anche tu sottolinei però, bisognerebbe analizzare i dati relativi alla sola America meridionale.
RispondiEliminaPremesso che non è facile trovare statistiche laiche, sul sito http://www.cattoliciromani.com/8-principale/24932-statistiche-sulla-chiesa-nel-mondo-numero-di-cattolici-di-seminaristi-di-sacerdoti/page5 si riporta una statistica relativa al rapporto sacerdoti per ogni 100 mila abitanti nei vari continenti. Dal confronto tra il numero di sacerdoti nel 1978 e nel 2006, si evince che in America del Nord ci sarebbe stato un calo vertiginoso di quasi il 50% delle vocazioni, mentre in America meridionale tale diminuzione - che pure ci sarebbe stata - sarebbe decisamente più contenuta e quasi nulla. Questi dati, sostengono - almeno in parte, in mancanza di dati più precisi - il tuo ragionamento, vertente sul fatto che non si possa sostenere di poter compensare il presunto calo del numero di cattolici in America Latina con un aumento di fedeli in America del Nord.
Un altro studio - fatto invece dall'Istituto brasiliano di geografia e statistica (IBGE) - riporta le percentuali di crescita, nel solo Brasile ovviamente, degli aderenti alla confessione evangelica nel trentennio di riferimento 1980-2010. Secondo questi dati - disponibili sul sito http://www.ibge.gov.br/home/presidencia/noticias/noticia_visualiza.php?id_noticia=2170&id_pagina=1 - risulta che nel 1980 l'incidenza della fede evangelica sulla popolazione era del 6,6%, nel 1991 del 9%, nel 2000 il 15,4% e nel 2010 è arrivata al 22%, con una crescita decisamente sostenuta di circa 16 milioni di unità in termini numerici assoluti. Per quanto riguarda la percentuale dei cattolici invece - sempre secondo lo studio - si scende dal 73,6 del 2000 al 64,6 del 2010.
Infine, il sito UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, pubblica - anche se in maniera un po' approssimativa - alla data del 28 agosto 2008 uno studio effettuato dal Consiglio Nazionale delle Investigazioni Scientifiche e Tecniche (Conicet), circa la decrescita del numero dei cattolici negli ultimi cinquanta anni. I dati, riportati sul sito http://www.uaar.it/news/2008/08/28/chiesa-cattolica-difficolta-argentina/, dicono che la percentuali dei cattolici sarebbe scesa dal 90 al 76,5, mentre i pentecostali sarebbero arrivati al 7,9% e gli atei all'11,3, anche se non si capisce se nello stesso periodo di riferimento o in un altro arco temporale.
Stanti questi dati - alcuni più dettagliati e attendibili, altri meno - ognuno tragga poi le proprie conclusioni.