10 maggio 2013

Questione Imu

di Roberto Marino

Il nuovo governo a trazione integrale (Pd, Pdl, Scelta Civica) rischia di fare il primo scivolone. E questo nonostante avrebbe dovuto rappresentare il governo dei sogni, così come il premier Enrico Letta aveva lasciato intendere nei giorni scorsi senza troppe velature. La buccia di banana su cui potrebbe inciampare si chiama Imu.

Secondo quanto prevede il decreto Salva Italia, varato lo scorso anno dal governo Monti, anche a giungo di quest'anno si dovrebbe pagare la prima rata dell'imposta sugli immobili su abitazioni di residenza, ulteriori case di proprietà, immobili ad uso commerciale e produttivo.

Vista la grave situazione economico-finanziaria delle famiglie però e vista soprattutto la grande pressione che il Pdl ha fatto e sta facendo sulla necessità dell'abolizione della tassa - pena lo scioglimento dell'accordo di maggioranza che tiene in piedi anche il governo - e visto ancora il clamore mediatico-elettorale sollevato sull'Imu, il governo ha quasi deciso - nei prossimi giorni dovrebbe arrivare il decreto ufficiale - di rimandare il pagamento dell'acconto della tassa sulla prima casa a settembre. Nel frattempo, l'esecutivo e il parlamento si riserveranno il margine per trovare una soluzione legislativa al problema dell'intera tassazione sugli immobili. Come dire, un po' d'aria per poter respirare.

A soffocare però saranno le attività produttive, che dovranno comunque pagare l'importo della prima rata e addirittura con maggiorazioni rispetto allo scorso anno, in alcuni casi dell' 8% in più (fonte Tg2). 

Dal Ministero dell'Economia fanno sapere che la mancata riscossione del gettito non un avrà impatto sui conti dello Stato e ciò si capisce bene perché l'intero importo sarebbe dovuto finire nelle casse dei comuni, i quali riceveranno una copertura attraverso un prestito della Cassa depositi e prestiti. Questi soldi dovranno poi essere restituiti con gli interessi, ragion per cui gli enti locali saranno costretti ad innalzare le aliquote (possono farlo) su coloro che non beneficeranno del momentaneo stop. Le attività produttive appunto, come aziende, società, esercizi commerciali.

Una soluzione non proprio congeniale se si pensa che lo scopo dovrebbe essere quello di facilitare la ripresa economica in un momento di crisi. L'aggravamento della tassa sulle attività produttive si tradurrà, come si può ben capire, in minore produzione, riduzione del numero dei dipendenti, in alcuni casi ulteriore chiusura dei attività, incapaci di far fronte ad un ulteriore aggravio fiscale, diminuzione dei consumi.  La diminuzione dei consumi potrà essere in parte coperta - ma bisognerebbe avere dei dati precisi per capire se ciò sarò possibile, dati di cui si potrà disporre soltanto più avanti - con un aumento dei prezzi, che tuttavia si scaricherà su tutte le fasce di consumatori. I più colpiti saranno ovviamente i ceti sociali più deboli.

Infine, il provvedimento di slittamento della prima rata dell'Imu ha una portata trasversale sui contribuenti, il che vuol dire che le temporanee esenzioni non saranno legate al reddito o al valore del bene, bensì coinvolgeranno indistintamente tutte le fasce sociali, basse, medie e alte. Senza contare tutti gli effetti distorsivi, come ad esempio l'obbligo di pagamento per tutti coloro che possiedono un solo immobile (in teoria beneficiari della sospensione) ma non di residenza, perché residenti in un'altra città per motivi di lavoro o altro. Tutti costoro saranno obbligati non soltanto a pagare la prima rata, ma a subire una tassazione corrispondente a quella per le seconde abitazioni.

Insomma, un provvedimento, se ci sarà e se in questi termini, che vede allontanarsi sempre di più non solo la ripresa economica, ma anche l'equità e la giustizia sociali.

0 commenti :

Posta un commento