17 aprile 2013

L'America trema ancora. L'incubo continua.

di Roberto Marino


Ci sono eventi, in particolare quelli traumatici, che non possono essere compresi né tanto meno descritti dall'esterno. Per quanto si possa avere a disposizione una tavolozza ricca e articolata di parole ed espressioni, certe situazioni possono solo essere vissute. E spesso non basta neppure questo. E' necessario infatti avere il tempo per metabolizzare, razionalizzare certi accadimenti che appaiono inspiegabili. 

In questi giorni, la città di Boston e gli Stati Uniti per intero tremano ancora per l'orribile attentato terroristico (perché chi piazza degli ordigni in un centro abitato, durante una manifestazione che accoglie centinaia e centinaia di persone con il solo scopo di uccidere, non può essere altri che un terrorista) che ha sconvolto le vite di migliaia di persone direttamente e di milioni in modo indiretto, avvenuto sul percorso della storica maratona di Boston.

Il riferimento immediato va ovviamente all'attentato terroristico di matrice islamica dell'11 settembre 2001, ancora vivo nella mente sconvolta degli americani, ma questa volta, almeno per ora, sembra che al Qaeda non sia responsabile. Il segretario alla Sicurezza interna, Janet Napolitano, ha spiegato in un'intervista alla Cnn che per il momento non c'è nessun indizio di «un collegamento straniero o di una reazione di al Qaeda». Eppure, come riporta l'agenzia di stampa Agi, la tipologia di bombe utilizzate per portare a compimento l'attentato - ordigni realizzati in maniera artigianale, inserendo dell'esplosivo in pentole a pressione per ampliare il potenziale distruttivo, il tutto posto all'interno di due borse, in aggiunta a pezzi di metallo, chiodi e sferette d'acciaio - sarebbe la stessa che in un articolo del 2010, intitolato "Una bomba nella cucina di mamma", la rivista Inspire, legata proprio ad al Qaeda, invitava ad utilizzare, dando istruzioni su come realizzarla.  Del resto, non bisogna dimenticare che un pentola a pressione fu utilizzata nell'attentato poi fallito di Times Square a New York nel 2010, così come negli attacchi terroristici in Iraq e Afghanistan.

Effettivamente, ci sono state indagini nella direzione islamica da parte dell'Fbi, che nella giornata di ieri ha perquisito una casa sospetta a circa 10 chilometri da Boston, fermando un giovane studente saudita ritenuto inizialmente sospetto. Tuttavia, al momento, si ritiene che il giovane sarà discolpato. 

La tipologia rudimentale dell'ordigno e la facilità con cui è possibile costruirlo e renderlo altamente efficace fanno pensare alla possibilità di un'altra matrice terroristica. Quella interna legata a gruppi di fanatici, sostenitori delle idee di supremazia razziale. Lo stesso Obama infatti è stato cauto nel discorso alla nazione, assicurando che l'America troverà i colpevoli, anche se al momento non si dispone di notizie certe, e non facendo neppure accenno all'ipotesi islamica.

Resta comunque un fatto: nonostante le amministrazioni Bush prima e Obama poi - seppure con modi molto diversi - si siano date da fare per cercare di rendere l'America più sicura - il primo aprendo due campagne militari dispendiose e fallimentari, il secondo catturando Osama Bin Laden ed esibendo il suo cadavere come fosse un trofeo, che per altro è stato fatto sparire in modo piuttosto sospetto perché molto frettoloso - il loro obiettivo non è stato centrato. Gli USA risultano ancora molto vulnerabili sul proprio territorio e nei momenti più impensati come quello di una competizione sportiva, subendo tragiche morti e l'ironia beffarda e cinica di chi ha ucciso durante una corsa il cui ultimo tratto, dove si sono verificate le due esplosioni, era dedicato ai bambini e agli insegnati morti nella strage di Newtown dello scorso dicembre.  

Che bisogna dunque intervenire in modo drastico anche sul piano interno, rendendo più difficile il reperimento di armi, munizioni, ordigni e materiale esplosivo? Può essere una strada. Non risolutiva forse, ma sicuramente utile.

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