di Roberto Marino
E' Giorgio Napolitano il nuovo/vecchio Presidente della Repubblica italiana. Alla fine, i principali partiti hanno ammesso la propria incapacità - risuonano sempre più vicini gli altolà di Grillo ad arrendersi - nel trovare un'intesa. I partiti politici italiani sono allo sbando più completo, non essendo stati in grado di fare riforme strutturali, di cambiare la legge elettorale, di fare fronte alla crisi economica, di rinunciare ai propri privilegi, di accordarsi per formare un governo, di scegliere un Capo dello Stato condiviso.
Siamo ormai all'epilogo della tragedia - abbiamo ormai superato l'ultimo atto già da un pezzo - se non proprio della politica, quanto meno di certe personalità e di una partitocrazia che adotta logiche vetuste. La presa d'atto si è consumata questa mattina, quando le delegazioni di Pd, Pdl, Scelta Civica e Lega si sono presentate supplici dinanzi al Presidente Napolitano, scongiurandolo di accettare la ricandidatura. Come rende noto una nota del Quirinale di stamattina, infatti, da parte delle forze politiche citate è emersa «la convinzione che - nella grave situazione venutasi a determinare - sia altamente necessario e urgente che il Parlamento possa dar luogo a una manifestazione di unità e coesione nazionale attraverso la rielezione del Presidente Napolitano».
Chi ha fallito più di tutti è logicamente il Pd. Era il partito guidato da Bersani che aveva la responsabilità di indicare strade ragionevolmente praticabili per formare un governo prima e per presentare candidature che non si potevano rifiutare poi. Invece non solo non è stato in grado di fare questo, ma non ha neppure saputo né voluto accettare le soluzioni servite su un piatto d'argento dal Pdl e dal Movimento cinque stelle.
Il Pd sembra quasi avvinto da una legge "provvidenziale" al contrario che, dopo brevi e illusori momenti di euforia, successo (vedi primarie), riporta la situazione nella "giusta" direzione di disfatta, sconfitta. Un ricorso storico in negativo, per dirla con Giambattista Vico.
Se la bocciatura - sia numerica che politica - di Marini è stata una sconfitta, quella di Prodi una vera Caporetto, che ha portato alla spaccatura completa del partito. o meglio al palesarsi di una frantumazione già esistente. Tutto ciò chiaramente peserà alle prossime elezioni, con un aumento dei consensi per il Pdl e la sua campagna elettorale populistica e verosimilmente un aumento altrettanto vasto dei voti per i Cinque stelle. Non bisogna però mai dimenticare che l'elettorato italiano è affetto dalla cronica patologia di memoria brevis.
Cosa accadrà però nel futuro più immediato? Sicuramente un governo di larghe intese, come già annunciato dallo stesso Napolitano, in cambio del ripensamento circa la propria ricandidatura. L'annuncio è stato fatto in via ufficiale intorno alle 14,30 con una nota in cui si dice: «Sono disponibile, non posso sottrarmi. Ora però serve un'assunzione collettiva di responsabilità». Se il finale dunque è questo, era proprio necessario attendere due mesi per raggiungere uno stesso risultato che si sarebbe potuto ottenere molto tempo prima? E' responsabile sprecare 60 preziosi giorni per conseguire un identico obiettivo, mentre l'Italia sprofonda, le aziende chiudono, la disoccupazione cresce e la gente si uccide perché divorata dai debiti? Ma si sa, il consenso elettorale verso il nocciolo duro del proprio elettorato è il vitello d'oro presso cui ogni partito si genuflette. Ora le larghe intese ci saranno, ma con le mani e la coscienza pulite.
Due parole su questa rielezione, o meglio sul candidato scelto. Pur evidenziando i meriti e le grandi e indiscusse capacità di Giorgio Napolitano nello svolgere il suo ruolo di garante della Costituzione e delle istituzioni, di acuto osservatore del lavoro dei partiti politici, di coraggioso uomo di stato che prende decisioni risolutive in momenti di crisi, dimostrate in questi sette anni, sarebbe stato preferibile non tanto cambiare strada, anzi, quanto piuttosto riuscire a trovare un altro candidato condiviso, altrettanto capace e rappresentativo e magari più giovane. La logica dell'estrema ratio suona il requiem della politica italiana.
In ogni caso, ciò che è fatto, è fatto. Il demerito non è del Presidente, bensì dei partiti. Oggi Napolitano è il Presidente di tutti, per tanto non si può che concludere con un augurio: «Buon lavoro, Presidente!». Ce n'è davvero bisogno.
Credo che non essere stati in grado di proporre un altro candidato, all'infuori di Napolitano, degno d'essere il massimo rappresentante delle istituzioni in Italia è semplicemente folle. Mi pare del tutto palese ormai che i partiti si siano scavati, politicamente parlando, la fossa e che ora non vedano l'ora di tuffarcisi dentro. Ho sperato fino all'ultimo che Napolitano rifiutasse, lasciando a chi questa impasse l'ha creata e la tiene viva il compito di sbrogliare la matassa, semplicemente perché sarebbe stato giusto così. E invece no.
RispondiEliminaNapolitano è uno che sa prendersi davvero le responsabilità e saprà indicarci la giusta direzione da seguire. Ma per quanto? Può un 87enne portarsi sulle spalle un'Italia così pesante, come mai forse in tutti i suoi 152 anni di storia, fino al 2020? Io non credo ce la farà, né tanto meno credo abbia intenzione di farlo. Come dargli torto.
Il buon Dante non avrebbe potuto trovare parole migliori:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Io ritengo che il mandato di Napolitano sia temporaneo.
RispondiEliminaIl senso di responsabilità del Presidente è davvero notevole. Decidere di cambiare i propri piani di meritato riposo a quasi 88 anni (il prossimo 29 giugno) e assumersi nuovamente la responsabilità di gestire un periodo burrascoso come questo ha dell'incredibile.
Se il governo del Presidente andrà in porto - il condizionale a questo punto non può che essere d'obbligo, considerando quello che i partiti hanno dimostrato di saper combinare - verranno fatte le riforme necessarie per uscire dal momento di crisi e poi ci saranno nuove elezioni politiche con successive dimissioni di Napolitano e nuovo presidente.
Non si può ovviamente dire quando tutto questo accadrà, ma il senso di realismo che ha sempre caratterizzato il mandato di Napolitano porta a ritenere questo uno scenario verosimile e dunque credibile.
Come dare torto al grande Dante? I ricorsi storici, come si vede, si ripresentano sempre.