di Roberto Marino
Tra poche ore sapremo se la prima votazione per l'elezione del Presidente della Repubblica andrà in porto o se dovremo aspettare ancora. E sapremo anche se l'accordo Pd-Pdl è saldo e funziona. Roba non da poco in questo momento storico-politico così instabile per il nostro Paese.
Alla fine, dopo tante incertezze, smentite, mal di pancia, l'accordo è arrivato. Bersani ha sempre sottolineato come la questione della Presidenza della Repubblica e la formazione del governo fossero separate, ma non è poi tanto facile da credere. Il nuovo Presidente eletto avrebbe pieni poteri, dunque la facoltà di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, ma anche quella di varare un cosiddetto "governo del Presidente", magari partendo dal lavoro della commissione dei "saggi". Questo significa che le intese tra i due grandi partiti sarebbero più strette di quello che appare o si crede, nonostante i distinguo e i rifiuti dei giorni scorsi.
E' in questa logica che si potrebbe leggere dunque l'accordo sul nome di Franco Marini. Con l'elezione di un candidato condiviso, Bersani potrebbe avere l'incarico per formare un nuovo governo con l'appoggio implicito del Pdl oppure - scenario forse ancora più credibile - il nuovo Capo dello Stato potrebbe scegliere una rosa di nomi bipartisan per la formazione del nuovo esecutivo. In questo modo, il Pd raggiungerebbe il proprio scopo di un governo (di larghe intese) senza sporcarsi le mani di fronte allo sguardo intransigente del proprio elettorato, giustificando il tutto come atto di responsabilità voluto dal Presidente. Una ipotesi indubbiamente.
Se le due maggiori forze politiche hanno raggiunto un'intesa, la stessa cosa non si può dire in in casa Pd. Proprio ieri sera, al teatro Capranica a Roma, si è tenuta l'assemblea di deputati, senatori e grandi elettori di Pd e Sel, che ha sancito però una spaccatura netta all'interno del Partito Democratico e nell'asse di centro-sinistra, composto dal partito guidato da Bersani e da quello guidato da Nichi Vendola.
Per quanto riguarda il primo, sono venuti fuori molti dissensi. Se la candidatura di Marini ha visto 222 parlamentari favorevoli, 90 sono stati stati i contrari e 21 gli astenuti. Tra questi, il gruppo più numeroso è quello dei renziani, tanto che in parallelo, proprio ieri sera, Matteo Renzi prendeva le distanze da Marini nella trasmissione Le Invasioni barbariche, condotta da Daria Bignardi, dove si trovava ospite non certo per puro caso. Parole molto nette quelle del sindaco di Firenze, che ha definito la votazione di Marini come un «dispetto al Paese, perché si sceglie una persona più per le esigenze degli addetti ai lavori che per la scommessa sull'Italia». Renzi ha proseguito dicendo che «Marini è stato bocciato un mese fa alle elezioni» - essendo candidato come senatore in Abruzzo - e che per questo non può essere rappresentativo dell'unità nazionale.
Anche i vendoliani hanno preferito cambiare strada, lasciandosi tentare dalla candidatura espressa dal Movimento cinque stelle e dichiarando, dopo aver abbandonato l'assemblea, che sono contrari all'elezione di Marini e che si riuniranno stamane per decidere sulla candidatura di Stefano Rodotà.
Berlusconi intanto, per compensare le defezioni interne al Pd e al centro-sinistra, ha invitato molto calorosamente i suoi ad essere presenti e a votare compatti. Ed è da ritenere, molto ragionevolmente, che anche questa volta i parlamentari non tradiranno l'appello del capo. Del resto, se non dovesse passare la linea Marini, si dovrebbe convergere in poco tempo su un altro nome - sempre che Marini non sia un candidato "usato" come parafulmine contro i commenti dell'opinione pubblica in vista di un altro nome già pronto - oppure ci sarebbe il pericolo, tanto temuto da Berlusconi, dell'elezione a maggioranza semplice (504 voti al quarto scrutinio contro 630 di primi tre) dello spauracchio Prodi, che potrebbe ottenersi con i voti di Pd e Scelta civica.
La scelta dei Cinque stelle è di certo molto strategica e pericolosa per le altre forze politiche. Rifiutare o non prendere seriamente in considerazione un candidato con una più che buona credibilità internazionale, con una immagine trasparente e con un grande senso delle istituzioni simili, può rappresentare un problema.
Elucubrazioni a parte, ci toccherà aspettare almeno le dodici di oggi per avere i primi risultati. La speranza è quella di avere un Presidente, oltre che nel più breve tempo possibile (abbiamo aspettato già troppo per avere un governo che ancora non c'è), che sia rappresentativo di tutte le forze politiche e i cittadini italiani, di alto profilo nazionale ed internazionale e che sappia fare scelte coraggiose. Qualcosa di simile alla triade Pertini, Ciampi, Napolitano.
Da quanto emerso dai primi due scrutini si capisce che hanno paura di candidare al Quirinale una persona con spiccato senso dello Stato, intelligenza, cultura, che, come ovvio, portano implicitamente dentro sé la dote principe di un rappresentante delle istituzioni: la sensibilità verso i temi più delicati.
RispondiEliminaE invece no. Non sia mai che si elegga un personaggio che incarni il merito e lo spirito creativo, rappresentativo della cultura e della bellezza di un Paese che in ogni campo del sapere umano ha dato sempre contributi di primissimo ordine.
La verità è che vogliono imporre al popolo italiano il vecchio metodo dei politicanti (e non dei politici): vogliono cioè difendere fino alla morte ciò che sono (e tutti sappiamo purtroppo cosa sono).
Avere un capo dello Stato di alto profilo culturale vorrebbe dire costruire istituzioni fatte di persone competenti, che hanno studiato e che hanno a cuore sul serio le sorti dei cittadini. Ma questo è in chiaro conflitto con il loro obiettivo, quello di tenerci fermi nel medioevo italiano del 2013. Meno male che almeno la Gabanelli ha capito che non sarebbe stata all'altezza del compito e ha declinato la candidatura. Ancora qualcuno di buon senso c'è, esiste.
Mi auguro che, dopo aver toccato il fondo e aver già scavato un bel po', non si arrivi troppo al di sotto della superficie terrestre. Altrimenti occhio che a breve anche Bruto e Cassio dal basso del nono cerchio vorranno dire la loro.