23 aprile 2013

Presidente di ferro

di Roberto Marino

Il Presidente Napolitano si è fatto sentire ieri nel discorso inaugurale di giuramento alle Camere, ed anche in modo molto fermo. Ha rimproverato duramente i partiti politici per non essere stati in grado di formare un governo in due mesi di tempo, per non aver fatto le riforme necessarie al Paese, per non essere riusciti (o non aver voluto) a trovare un accordo per cambiare la legge elettorale.

I più maliziosi potrebbero pensare ad un discorso di circostanza, pronunciato per dare l'impressione di ricoprire un ruolo super partes, come quei genitori troppo permissivi che rimproverano i figli indisciplinati in presenza di estranei, quando questi ultimi accusano i ragazzi di aver fatto qualche marachella. 

Secondo questa lettura - che pure viene fatta da qualcuno - il Presidente sarebbe stato già al corrente dell'incapacità dei partiti di eleggere un suo successore, così come della necessità di assumersi nuovamente la responsabilità della guida del Paese. Per questa ragione, quanto sta accadendo in questi giorni concitati sarebbe una sorta di rappresentazione teatrale melodrammatica per distogliere l'attenzione dai problemi reali o dalla mancanza di idee della politica.

Interpretazione complottista e anche un po' qualunquista, ma che, se non si condivide, se ne possono comprendere le motivazioni: il disgusto nei confronti di una politica autoreferenziale, la convinzione (decisamente confermata da tanta cattiva politica) della equivalenza tra politica e malaffare sempre e comunque e della impossibilità di un reale cambiamento. Tutte motivazioni che si sono palesate domenica e lunedì alle consultazioni per il rinnovo del consiglio in Friuli e che si sono trasformate in un 50% di astensione.

Malizia a parte però, pur non conoscendo i potenziali retroscena del dibattito politico, Napolitano ha avuto la durezza e il coraggio giusti e necessari per accusare chi ha sbagliato e mancato, mostrando anche una partecipazione emotiva - è arrivato al tremolio della voce quasi alle lacrime in alcuni passi del suo intervento - che testimonia sincerità. 

Il Capo dello Stato ha anche avvisato i partiti di «trarne le dovute conseguenze - scioglimento anticipato delle Camere? Sue dimissioni anticipate? (n.d.A.) - davanti al Paese» nel caso in cui - ha concluso - «mi troverò di nuovo davanti a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato»

Poco onorevoli e coerenti sono stati gli applausi scroscianti e continui provenuti da parte di coloro che sono stati i maggiori responsabili di una simile situazione bloccata, colpiti dagli strali del Capo dello Stato. Come se un figlio approvasse i rimproveri di suo padre, pur sapendo che sono stati i propri gesti irresponsabili ad essere la causa di quella paternale. Gesti compiuti in piena consapevolezza.

Adesso si attende soltanto la formazione dell'esecutivo, che sarà sicuramente molto rapida, come lo stesso Presidente sta dimostrando di voler fare attraverso un giro rapido di consultazioni. Il prossimo governo potrebbe vedere la luce entro la fine di questa settimana. Il problema per resta la scelta dei nomi dei suoi componenti. 

Per il posto di premier si vociferano diversi nomi. Giuliano Amato è il candidato più probabile. Egli ha già smentito prima con una battuta - ha chiesto ad un giornalista: «Lei quanti soldi ha in banca?» - poi con una dichiarazione secca l'ipotesi di potenziali e temibili prelievi forzosi sui contocorrenti - come già avvenuto nel '92 - o patrimoniali. La scelta di Amato sarebbe letta tuttavia come tecnica e come tendente al passato.

L'altro nome, proposto da frange del Partito Democratico, sarebbe quello di Renzi, fatto pubblicamente da Matteo Orfini e sostenuto da altri come Roberto Speranza, Matteo Ricchetti. Certo, con questa scelta il Pd, orfano ormai della sua dirigenza, dimostrerebbe per l'ennesima volta di giungere alle soluzioni dei propri problemi in maniera sempre troppo tardiva, non brillando per lungimiranza. Staremo a vedere se l'intero partito appoggerà la  candidatura del sindaco di Firenze, specie dopo la battuta della Presidente dimissionaria Rosy Bindi, che ha sottolineato che Renzi sarebbe più utile al partito che al governo. 

Infine, circola il nome, forse più probabile, di Enrico Letta, già vicesegretario del partito e uomo della dirigenza, che rappresenterebbe una continuità con la direzione Bersani. 

A questo punto, non resta altro da fare che aspettare la decisione del Presidente Napolitano, sperando che arrivi davvero in fretta. Non possiamo sprecare davvero altro tempo prezioso.

2 commenti :

  1. Giorgio Napolitano: presidente di plastica!

    Può darsi che io sia complottista e qualunquista. Ed anche un genitore (!) permissivo.
    Il rimprovero fatto dal presidente (p volutamente minuscola) ai "menbri" del parlamento, riuniti in seduta comune, ai piedi del sovrano, è stata una celebrazione del clima di ipocrisia che regna attorno alla figura intoccabile dell'inquilino del Quirinale. A quanto pare, nessuno osa gettare lo sgurado al di là del dito. Sullo sfondo una Luna immensa di azioni non prorpio costituzionali!

    Ancor prima di salire al Colle, tra le file dell'allora Partito Comunista, Napolitano tuonava contro l'Europa. Inoltre, è stato il primo dirigente ad iniziare la traversata in direzione capitalista della sinistra italiana. Il risultato odierno è proprio il PD, un partito di centro!

    Il settennato appena concluso (e a giudicare dall'inizio, anche il nuovo), è stato il palcoscenico di un'opera teatrale tragicomica compiuta in più atti, nella quale i limiti costituzionali entro cui il Presidente della Repubblica esercita il prorpio "controllo super partes" ha trasbordato gli argini, fino a far diventare l'Italia una Repubblica presidenziale de facto.
    Vogliamo ricordare la promulgazione di tutte le leggi ad personam di Berlusconi (dal Lodo Alfano al legittimo impedimento) poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta; le richieste della società civile a non firmare lo scudo fiscale. La legge "salvaliste" in soccorso al Cavaliere.

    E infine, circondato da una casta politica sempre più scollegata dalla realtà, il nostro paese, per mano di re Giorgio, viene affidato a dieci saggi, con il compito di realizzare le misure urgenti richieste da ogni parte. Tra di loro non ci sono donne e non ci sono giovani ma dinosauri dell’italica burocrazia. Una perfetta fotografia della classe dirigente, bugiarda, incompetente e voltagabbana, che ha ridotto allo stremo questo Paese, casta di cui Napolitano fa parte.
    Ci aspettano altri sette anni di omicidi costituzionali? Spero di no, ma sopratutto, me lo auguro.

    Giuseppe Russo

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  2. Innanzitutto, ti ringrazio, Giuseppe, per il tuo commento. Noto che sei entrato nello spirito di "Accendiamo le Idee", che è quello di suscitare dibattito costruttivo anche e soprattutto attraverso il confronto dialettico di modi diversi di pensare.
    Personalmente, ritengo - e lo dico scevro da qualsiasi spirito o interesse di parte - che Giorgio Napolitano sia stato uno dei migliori Presidenti della Repubblica che abbiamo avuto negli ultimi anni. Egli è stato in grado di essere imparziale e di interpretare il ruolo istituzionale di Capo dello Stato in modo conciliante. Il Presidente della Repubblica Italiana non può e non deve intervenire nel dibattito politico - come tutti ben sappiamo - ma deve esprimere e rappresentare l'unità della nazione in patria e all'estero. E' garante della Costituzione, la quale gli concede certi margini di intervento nel caso di crisi e stallo politico, come quelli verificatisi nel novembre 2011 e nel febbraio di quest'anno.
    Nel primo caso, egli provò il tentativo Monti che, con tutti i limiti del caso, fu un passaggio necessario nel momento di confusione e sbandamento che l'Italia attraversava. Nel secondo, cercò una soluzione (quella dei cosiddetti saggi) magari non entusiasmante, forse più attendista che risolutiva, ma l'unica percorribile.
    Per quanto riguarda il presidenzialismo de facto, non ci vedo nulla di preoccupante nel modificare l'assetto istituzionale di un Paese come l'Italia, che è rimasto indietro di decenni sul tema delle riforme. La nostra Costituzione ha quasi 70 anni ed in un lasso di tempo come questo - in particolare nel periodo storico così galoppante che viviamo da un secolo a questa parte - cambiano molte cose. Non credo che difendere come un baluardo intoccabile il frutto, sicuramente preziosissimo, del lavoro dei padri costituenti sia oggi costruttivo. Per dirla con una battuta: il mondo va avanti, cerchiamo di farlo anche noi.
    Altro discorso è invece riuscire a trovare gli strumenti idonei per farlo nel migliore e nel più condiviso dei modi. Il Parlamento deve essere lo strumento principe ma questo appare bloccato da interessi di una e dell'altra parte, che hanno paralizzato la vita legislativa, economica e sociale del nostro Paese.
    Io auspico un ricambio generazionale vero, un abbandono delle ideologie e delle lotte strategiche - forse sempre più tattiche - figlie di un'epoca conclusa come il Novecento. Questo non significa annullamento delle differenze, bensì confronto serio su programmi, temi, idee, proposte concrete anche diverse, evitando però criminalizzazioni e logiche del nemico (sempre più spesso e sottobanco amico). Basta con presunzioni inutili e irreali di superiorità morali o culturali, che nascondono poi responsabilità etiche pesanti. Che i partiti cerchino piuttosto di impegnarsi per superare lo stallo politico ed economico in cui ci troviamo e per ridare credibilità alle istituzioni; ne abbiamo tanto bisogno.

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