09 aprile 2013

Il tempo passa, tutto resta uguale

di Roberto Marino


Una vecchia lettura su un altrettanto vecchio libro che usavo alle scuole elementari diceva: "Il tempo passa e tutto cambia". Sembra che nella politica italiana questo non avvenga affatto. Ci troviamo in una situazione di stallo che dura ormai da 40 giorni, limitandoci al solo periodo post-elettorale. Questo perché? Irresponsabilità della classe politica, viene da rispondere in prima battuta e non si va molto distanti dal vero. 

Come i numeri ci hanno detto, da queste elezioni - complice una legge elettorale balorda - non è uscito un unico vero vincitore, tuttavia è venuto fuori un partito che, avendo preso una manciata di voti in più degli altri, ha ottenuto il legittimo diritto di provare a formare una maggioranza, un governo, tentando di cercare convergenze seppure improbabili. Il tentativo, almeno quello rivolto dalla parte del Movimento Cinque stelle, è fallito. Buon senso dice che si provi - anche se si sarebbe dovuto già provare - da un'altra parte, ma questo non è avvenuto, né tanto meno avviene ancora. 

Il Partito Democratico tende molto facilmente a scaricare la responsabilità sugli altri, per non essere riuscito a formare una maggioranza solida e, di conseguenza, un governo. Sui Cinque stelle innanzitutto. Ma, a torto o a ragione, il Movimento guidato da Grillo ha messo in chiaro fin dall'inizio che non avrebbe fatto alleanze con nessun partito della vecchia generazione, costruendo un'intera campagna elettorale sull'alternativa, anche dura, ad una classe politica ormai consunta ed incapace. A parte i spesso discutibili punti del programma a Cinque stelle (vedi la parte economica) e la mancanza di democrazia interna, al movimento bisogna riconoscere il merito della coerenza. I Cinque stelle hanno deciso di giocarsi questa carta e l'elettorato - almeno quello più deluso ed intransigente dal modo consueto di fare politica - potrebbe nuovamente premiarli alle prossime elezioni. 

Un'altra categoria su cui il Pd scarica le responsabilità è quella dell'elettorato. Indirettamente, sia chiaro, ma in modo altrettanto convinto. Ieri sera, il vice presidente del partito Enrico Letta, ospite a Otto e mezzo di Lilli Gruber, ha dichiarato che la legge elettorale e, di conseguenza, il voto hanno consegnato l'attuale situazione di stallo politico-istituzionale in cui ci troviamo. Questa dichiarazione è francamente intollerabile. Se è vero che il porcellum elettorale porta con sé una distorsione grave - ricordiamo però che il Pdl nel 2008 vinse le elezione con una larga maggioranza e la legge elettorale era la medesima - è ancora più vero poi che a sbloccare la situazione devono pensarci i partiti, gli eletti, coloro che hanno ricevuto il mandato popolare, attraverso capacità di dialogo, competenza, idee, coraggio. Scaricare sul risultato del voto la responsabilità dell'incapacità o della non volontà della politica di trovare un accordo, per tutelare interessi di parte attraverso una strategia partitica,  è irresponsabile due volte. Primo, perché non porta ad analizzare le proprie mancanze. Secondo, perché si accusa chi invece ha dato un segnale forte di cambiamento.

L'unico a non avere responsabilità agli occhi del Pd è proprio il Pd. Molto autoreferenziale come ragionamento, quasi surreale, ma le cose stanno proprio così. Eppure chi riceve l'incarico di formare una maggioranza, il pre-incarico o mandato esplorativo, o in qualsiasi modo lo si chiami, per provare a formare un governo deve poi mostrare senso di responsabilità e realismo politico, piuttosto che continuare a sbandierare una presunta superiorità morale, di cui ormai appare logora anche soltanto l'immagine. Del resto anche Franceschini, con tutti i suoi limiti, lo ha messo in evidenza neppure due giorni fa. 

Presunta superiorità morale che si manifesta in tutta la sua incoerenza anche e soprattutto attraverso la richiesta del contributo (veramente solo simbolico?) di due euro, che ormai accompagna tutte le primarie del Pd e che è stato presentato immancabilmente anche questa volta per le primarie a sindaco di Roma. E' inaccettabile che un partito, che per le ancora fresche elezioni politiche ha ricevuto quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali (PUBBLICI!), chieda ancora denaro, questa volta privato, ai cittadini. Come sono stridenti le parole del segretario Bersani - che fanno appello all'uguaglianza delle possibilità per tutti di fare politica - con la situazione di grave crisi economico-finanziaria, con la pochezza delle risorse delle famiglie italiane stritolate dalla crisi, con la serietà che urge in questo periodo e persino con le tanto invocate riforme clisteniche dell'Atene degli ultimi anni del VI secolo a. C., che avevano ben altra caratura morale e politica.

Se questa è la situazione del primo partito italiano, e di conseguenza dell'iniziativa politica italiana, ben venga Matteo Renzi e ben venga anche la presunta spaccatura all'interno del Pd, di cui si vocifera da qualche giorno. Gli antichi Greci sapevano che la hybris (arroganza, presunzione, impunibilità, senso di superiorità e invincibilità che deriva all'uomo dai piccoli e grandi successi della vita) prima o poi viene spezzata dal destino. In questo caso, la presunzione di superiorità morale, l'incapacità di rinunciare ai propri privilegi verrebbero spezzate dall'interno, per mano umana. Del resto, il destino opera sempre per mano dell'uomo, anche nelle tragedie greche.

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